Cronaca / Tirano e Alta valle
Domenica 01 Maggio 2016
«Vogliamo risposte. Non si può morire così in un ospedale»
La denuncia dei familiari di Claudia Bordoni, la trentasettenne di Grosio morta alla ventiquattresima settimana di gravidanza con le sue gemelline
«Cosa volete che vi dica su Claudia... Non c’è niente da dire, parlate col mio avvocato, si occupa lui di tutto». Il volto segnato dal dolore, papà Giuliano ieri ha aperto la macelleria di famiglia a Grosio in un inutile tentativo di ritorno alla normalità. Dai clienti una parola di conforto, un abbraccio. Da una parte la volontà di un paese sotto choc di manifestare il proprio affetto e vicinanza, dall’altro la consapevolezza che non c’è modo per lenire lo strazio. Tra pochi mesi sarebbero diventati nonni di due gemelline Giuliano Bordonie la moglie Adele Massara. E invece oggi piangono la figlia Claudia e quelle bimbe tanto attese. La gravidanza si è interrotta alla ventiquattresima settimana nel modo peggiore. Il cuore della mamma si è fermato e il disperato tentativo di un cesareo non è servito a strappare anche le gemelline alla morte. Sarà l’inchiesta aperta dalla Procura di Milano a far la luce su questa tragedia e a dare risposte ai genitori, al fratello di Claudia e al suo compagno, Roberto, che con lei era riuscito a coronare il sogno diventare papà e all’improvviso si è ritrovato solo. E sì che la gravidanza era stata seguita da subito passo passo. Non era stato facile, ma grazie alla procreazione medicalmente assistita Claudia poteva fantasticare sul suo futuro con le due bambine e il compagno, col quale viveva a Milano. Non erano mancati i problemi e più volte nelle ultime settimane era finita in ospedale. Ogni volta tranquillizzata e dimessa. Anche lunedì 25 aprile, al pronto soccorso dell’ospedale San Raffaele l’avevano visitata e poi le avevano detto di tornare a casa.
Ma qualcosa non andava. Mercoledì, quando i dolori alla schiena sono diventati insopportabili al punto di non riuscire a camminare, aveva chiamato il 118 ed era stata portata in ambulanza alla Mangiagalli, dove era stata ricoverata. All’improvviso giovedì la situazione è precipitata fino all’arresto cardiaco, causato, pare, da un’emorragia interna. È morta lì, in quella camera della clinica Mangiagalli e a nulla è valso il tentativo di far nascere le sue bambine con un cesareo. Oltre all’inchiesta della Procura - per omicidio colposo - è subito scattata un’indagine interna all’ospedale. «È una morte sospetta, anzi sospettissima - sottolinea l’avvocato di Grosotto Antonio Sala Della Cuna, che con il collega Antonio Bana di Milano tutela gli interessi dei familiari di Claudia - . È inaccettabile che nel 2016 si muoia così, in una camera di un ospedale, fra dolori lancinanti. Nella clinica Mangiagalli, poi, il più qualificato punto nascita in Lombardia. Ed è inaccettabile che già oggi (ieri per chi legge, nda) la Regione dica che da un primo esame non sarebbero ravvisabili negligenze. Ma quale esame?».
La famiglia di Claudia ha presentato un esposto e non si darà pace fino a quando non verrà fatta piena luce su questa vicenda. Nei prossimi giorni sarà effettuata l’autopsia sul corpo di Claudia. Gli inquirenti esamineranno anche le cartelle cliniche dei tre ospedali (Mangialli, San Raffaele e ospedale di Busto Arsizio) nei quali Claudia era stata visitata nelle ultime settimane. «Siamo ancora in una fase preliminare delle indagini» spiegano dalla Procura . «Siamo tutti vicini alla famiglia in questo momento di gravissima perdita - sottolinea in un comunicato stampa la direzione del Policlinico di Milano del quale fa parte la clinica Mangiagalli -, così come siamo accanto alla nostra squadra di esperti per dare loro tutto il nostro appoggio. Abbiamo piena fiducia nell’operato dei nostri medici e delle nostre ostetriche. Ora bisogna attendere l’esito delle indagini per fare luce e capire se questa tragedia rientra in quei casi, per fortuna pochissimi, in cui la medicina non è purtroppo in grado di evitare l’inevitabile».
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