Un’altra straordinaria scoperta in Valtellina: nel Parco dello Stelvio le incisioni rupestri più alte d’Europa

Figure umane, una spirale e poi animali e altre figure geometriche. Tutto ai 3.000 metri del pizzo Tresero: le incisioni rupestri più alte d’Europa. Non smette di riservare sorprese il Parco nazionale dello Stelvio dove sono stati scoperti petroglifi risalenti all’età del Bronzo, tra 3.600 e 3.200 anni fa.

Una scoperta che nasce dalla segnalazione alla Soprintendenza, nell’estate del 2017, da parte dell’escursionista comasco Tommaso Malinverno, della presenza di alcuni segni incisi su una roccia ai piedi del ghiacciaio, ma che insieme agli studi effettuati, è stata presentata ufficialmente dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, dall’assessore regionale a Enti locali e Montagna, Massimo Sertori, dal direttore del Parco dello Stelvio, Franco Claretti, dalla prorettrice dell’Università di Bergamo, Elisabetta Bani, da Sara Masseroli della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, da Stefano Rossi, archeologo della Soprintendenza e da Stefano Morosini, dell’Università di Bergamo e consulente del Parco nazionale dello Stelvio.

I petroglifi del Tresero sono una testimonianza della presenza di lunghissimo periodo dell’uomo nelle terre di montagna. Le incisioni sono collocate sopra il Passo del Gavia e sono in stretto collegamento con i siti rupestri di Grosio e della Valcamonica.

«Siamo di fronte a una scoperta rilevantissima - ha detto Fontana -: i graffiti rinvenuti alla quota più alta in Europa. Una notizia eccezionale». «Il Parco Nazionale dello Stelvio - ha aggiunto Sertori - è veramente un libro cielo aperto perché ogni giorno ci regala delle sorprese». «Una notizia che ci consentirà di conoscere meglio il nostro passato, potenziare l’attrattività culturale delle nostre aree di montagna e di promuoverle per il futuro anche al di là dei già qualificati aspetti turistici» ha aggiunto l’assessore regionale alla Cultura, Francesca Caruso.

La presenza delle incisioni aumenta dunque l’importanza dell’area protetta dell’Alta valle. «Allo già straordinario valore delle sue componenti ambientali e paesaggistiche, si aggiungono le testimonianze, per ora solo sfumate ma di grandissimo interesse e fascino, che ne fanno un territorio vissuto da millenni»sottolinea il direttore del Parco.

Numerosi i sopralluoghi e gli interventi fatti a conferma dell’autenticità del sito, come ha spiegato la Soprintendenza. Gli elementi maggiori oltre alla verifica “fisica” dei manufatti e della loro modalità di incisione è stata realizzata con delle indagini cosmologiche, ovvero la verifica in laboratorio dei tempi di esposizione ai raggi cosmici (più banalmente alla luce solare), di un sito che è emerso dal ghiacciaio, poi ne è stato nuovamente sommerso, e da pochi decenni nuovamente riemerso.

I petroglifi si concentrano su alcune rocce lisciate dall’azione dei ghiacci in posizione defilata lungo il margine occidentale del bacino del ghiacciaio, ai piedi di Punta Segnale. Le tecniche impiegate nella realizzazione delle incisioni e alcune caratteristiche nella composizione figurativa suggeriscono che i segni siano opera di mani diverse, forse in periodi successivi.

Tracce dell’azione di erosione e di sfregamento causate dalla nuova avanzata del ghiacciaio, a partire da 3.000 anni fa, sono ancora visibili sulle rocce e riguardano anche le incisioni, che presentano striature e risultano parzialmente cancellate. Ciò potrebbe far supporre che in origine i segni incisi fossero in numero maggiore e che siano stati in parte cancellati dall’avanzata glaciale, che avrebbe risparmiato solo quelli posti in posizione più protetta. Se questa ipotesi fosse corretta, i petroglifi rinvenuti sul Tresero potrebbero essere quanto resta di un complesso figurativo più vasto, una sorta di ’santuario’ di arte rupestre, una versione a piccola scala di quello riconosciuto fin dall’Ottocento sul Monte Bego, sulle Alpi Marittime, a oltre 2.000 metri di altitudine.

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