«Un mese isolata
per colpa del Covid
Quanta cattiveria»

Maestra d’asilo, 27 anni, Chiara racconta il suo calvario. «Hanno perso i dati e non chiamavano per il tampone». Mi sono esposta e sui social sono piovuti insulti

È stata forte e determinata, Chiara Berandi, 27 anni di Tirano, maestra d’asilo in una scuola per l’infanzia della nostra provincia. Ci ha messo quasi un mese, a liberarsi del Covid, ma alla fine ha vinto lei.

«Sono libera di riabbracciare chi amo!», ha scritto, trionfante sul proprio profilo Facebook lunedì scorso. Perchè è stato quello il giorno della “liberazione”. Quello in cui, finalmente, dopo tante traversie, Chiara ha ottenuto il lasciapassare per il ritorno alla vita di tutti i giorni, con la trasmissione dell’esito di negatività al tampone di controllo.

«Cosa mi ha insegnato il Covid? Che non voglio ripeterlo più - assicura -. E alle persone che stanno lottando, in questo momento, con la malattia, voglio dire di non sentirsi sporche, di non avere vergogna del coronavirus, e nonostante l’isolamento, che è pesantissimo, di chiamare gli amici, i parenti, e di non isolarsi ulteriormente. Alle persone, invece, che non hanno incontrato il Covid chiedo tantissima umiltà, perchè è facile puntare il dito e giudicare se non si ha vissuto, il tutto, in prima persona».

E Chiara, di giudizi non benevoli ne ha ricevuti, sul proprio profilo Facebook, dopo aver scritto della propria malattia e averne dato testimonianza tramite i media.

«È vero, mi sono esposta - dice -, l’ho fatto per far capire agli scettici che il Covid esiste e lo possono prendere anche persone giovani e stare male, come sono stata io, anche se non sono stata ricoverata in ospedale. Perché ci sono persone, come il mio fidanzato, che pure l’ha preso, che hanno pochi sintomi, un po’ di febbre e poco più, e la vivono come una normale influenza, altri sono addirittura del tutto asintomatici e altri ancora, come nel mio caso, ne fanno una pelle. E non capisco cosa ci sia da criticare e, soprattutto, infierire. Una persona mi ha anche augurato di prendere il cancro. Non capisco tutta questa cattiveria...».

Non se l’aspettava, Chiara, né di avere sintomi così forti «come se mi prendessero a schiaffi tutto il tempo”, assicura, né di sentirsi così sola, persino abbandonata. Chiusa per un mese, dal 25 ottobre al 23 novembre, nella sua stanza, all’esterno, certo, a supportarla genitori e amici, ma di fatto finita in un limbo nel quale nemmeno Ats sapeva entrare più.

«Sono rimasta male quando ho visto che non mi chiamavano per il 1° tampone di controllo - dice -. Hanno chiamato il mio fidanzato, ma io niente. Come se non esistessi. Dopo la prima telefonata in cui mi hanno detto come comportarmi, non ho più sentito nessuno. Il peggio è che quando, dopo una serie di telefonate e di mail inviate, sono riuscita a stabilire un contatto con Ats, mi hanno detto di scusarli, ma che avevano perso i miei dati. Se mi avessero dato uno schiaffo sarei rimasta meno male. Ho pianto un sabato intero. Non dico, poi, per leggere l’esito. Impossibile. Mi hanno dato codice e password, ma non riuscivo ad accedere. Anche lì, telefonate su telefonate per scoprire, poi, che avevano segnata sbagliata la mia mail...».

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