Solidarietà e impegno. L’ex sindaco di Tirano Franco Spada: «Sono emersi i valori di questa comunità»

Attivissimo sui social con alcune pillole video durante il tempo del lockdown

Senza ombra di dubbio, Franco Spada, non ce ne vogliano i suoi colleghi o ex colleghi, può essere definito il “sindaco del Covid”. Non solo perché, come tutti i primi cittadini, si è trovato a dover gestire l’emergenza nella sua città, ma per come lo ha fatto informando giorno e notte della situazione locale, nazionale e internazionale, rassicurando tramite social i suoi cittadini, con sensibilità e tempismo. Spada, oggi, non è più sindaco di Tirano, ma i ricordi restano indelebili.

«Il mio primo ricordo parte dal 31 gennaio 2020 quando, sui giornali, lessi che il governo italiano dichiarò l’emergenza pandemica e pensai subito che una situazione di pandemia, che dai telegiornali veniva descritta in Cina, a breve sarebbe arrivata anche da noi e ci si doveva preparare anche come Comune. Pensai subito alle strutture a Tirano ove erano presenti persone con elevate fragilità. Di seguito, dei primi mesi di epidemia, mi rimane impressa la solitudine delle persone per le chiusure e tanti drammi consumati in silenzio nelle famiglie senza la possibilità di avere un funerale e un conforto e una condivisione sociale del proprio lutto. In quel periodo di isolamento ogni persona ha costruito la propria opinione sulla pandemia in relazione alla propria esperienza che è diversa a seconda della propria età o del proprio lavoro e questa percezione si è trascinata sino ad oggi. Ogni sindaco era a conoscenza della situazione della propria comunità con i dati che gli venivano forniti quotidianamente dall’Azienda sanitaria, ma, di fatto, viveva in solitudine questa situazione in quanto queste informazioni non potevano essere condivise. Io decisi, da inizio marzo del 2020, di mettere a frutto nozioni di statistica apprese nei miei studi al Politecnico di Milano e cercare di avere un monitoraggio statistico di quanto stava avvenendo, per conoscere e governare la situazione e tali dati condividerli con la cittadinanza per aumentare la consapevolezza collettiva e ridurre l’incertezza e l’ansia».

Quali azioni ha posto in atto?

Oltre alla costante azione di informazione della cittadinanza e delle attività economiche sui continui cambiamenti normativi, l’azione del Comune cercò di essere di supporto alle difficoltà sociali che emersero in quel periodo garantendo accesso costante e contatto con l’amministrazione pubblica. In quei mesi non tutti fummo nella stessa situazione. Ci furono famiglie che rimasero, di fatto, senza reddito per diverso tempo ed il Comune ha cercato di non lasciare indietro nessuno.

Come hanno risposto i tiranesi?

In quel frangente, come avviene nelle difficoltà, sono emersi a mio avviso gli importanti valori collettivi che contraddistinguono la comunità di Tirano quali la solidarietà, la riservatezza, l’impegno personale, che hanno consentito di limitare l’impatto dell’epidemia sulla comunità sia in termini sociali che economici.

Il Covid ha lasciato strascichi nella società civile di Tirano o portato cambiamenti sul lavoro?

Il periodo Covid, non solo a Tirano, ha lasciato pesanti conseguenze nella società civile nei termini di percezione della realtà, delle priorità di interesse e capacità di relazione sociale. Due anni e mezzo di isolamento con il bombardamento e la diffusione di comunicazione social e della comunicazione a distanza,, ci ha cambiato e probabilmente non in meglio. Spesso si vive il quotidiano senza avere la capacità di progettare il futuro anche tramite un sogno.

Sono passati cinque anni. La gente ricorda o ha dimenticato?

Il Covid è iniziato a febbraio 2020 ed è terminato il 24 febbraio 2022 con lo scoppio della guerra in Ucraina, con le relative conseguenze sociali che si sono trascinate fino alla primavera 2023. Si discuteva con diversi colleghi sindaci sul fatto che noi siamo stati i sindaci in periodo Covid e guerra e che il nostro impegno è stato oggi dimenticato dai cittadini che hanno rimosso questo brutto periodo.

C’è una lezione che l’emergenza ci ha lasciato?

Più che una lezione ci ha lasciato delle conseguenze con le quali dovremmo fare i conti. Se prima del Covid la società civile aveva presente in sé corpi intermedi, con formazioni sociali quali le associazioni che rappresentano particolari settori o luoghi della società civile, ponendosi in posizione “intermedia” tra privato e pubblico, ora queste associazioni di persone sono molto disgregate e faticano a riorganizzarsi e, spesso, lo fanno in forme e finalità diverse rispetto al passato. Il dialogo, la proposta, la crescita civile, la critica non partono più da tali corpi intermedi che erano linfa e valore della società civile, ma, come era iniziato ad avvenire negli anni Covid, tale istanze sono veicolate tramite comunicazione e immagini prodotti spesso da singoli ed esclusivamente ed a misura di social media. Un mondo sold-out e per sold-out, dove tutto è posto sul piano commerciale senza porsi un problema di qualità o culturale. Ormai oggi non è più importante quello che si dice effettivamente, è importante quello che gli altri sentono, in un mondo di scarso ragionamento a misura di influencer e di intelligenza artificiale. Questo sta avvenendo anche a livello di comunità locale ed è una cosa che mi preoccupa, perché ho sempre ritenuto che la disgregazione di una comunità parta proprio dalla distruzione del linguaggio

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