Cronaca / Tirano e Alta valle
Sabato 04 Giugno 2016
«Pietro ha chiesto a Dio di accogliere il papà Protasio»
Grosio, nelle toccanti parole di don Renato Lanzetti la speranza e la fiducia: «La vita terrena è solo l’inizio».
Due bare, una a fianco all’altra. Protasio e Pietro. Padre e figlio. E una comunità senza più lacrime, né parole.
Le ha cercate per tutti don Renato Lanzetti che ieri ha concelebrato la mestissima cerimonia funebre. Un’omelia non facile, dopo la tragedia di domenica scorsa che ha visto un uomo mite e generoso, sensibile e attento, soffocare la vita dell’amatissimo figlio, prima di togliersi la propria.
«Caro Pietro, sii l’angelo custode della tua casa, della tua scuola e del nostro oratorio. Non possiamo pensare che un bambino innocente sia finito nel nulla: la nostra fede ci dice che è in Paradiso. Credo che Pietro con la sua innocenza abbia commosso il cuore di Dio Padre perché aprisse le sue braccia misericordiose al papà Protasio».
Il corteo funebre è stato tanto breve dall’adiacente cappella della casa di riposo alla chiesa parrocchiale di San Giuseppe quanto partecipato: molte persone, infatti, non sono riuscite a trovare posto e hanno seguito le esequie dal sagrato.
L’hanno aperto i compagni di scuola di Pietro accompagnati dalla loro maestre, che in questi giorni si sono fatte aiutare da una psicologa per riuscire a comunicare agli alunni una così drammatica notizia; poi i colleghi di lavoro della casa di riposo Fondazione Visconti Venosta dove Protasio si prodigava da mattina a sera a mettere mano a ciò che non funzionava più, e infine i coscritti del 1973 che hanno portato la bara di Protasio mentre la piccola bara di Pietro era sulle spalle dei cugini di mamma Piera.
«Di fronte alla morte tragica ed assurda di Protasio e del suo figlioletto Pietro, di fronte al dolore profondo e indescrivibile dei loro cari e di tutti noi, viene spontanea la domanda perché - ha detto don Renato - Ad essa nessuno di noi sa rispondere, poiché siamo davanti al mistero della persona umana, all’estrema fragilità dell’uomo, alla sua vulnerabilità, al suo limite. La nostra domanda ripresenta quella di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”».
Il sacerdote è tornato sul gesto disperato di Protasio:«La vita è un dono grandissimo e gratuito che abbiamo ricevuto. Solo il Signore è padrone della nostra vita. Essa è affidata a noi. La nostra esistenza terrena non esaurisce il senso del nostro essere.È solo l’inizio di un’esistenza che sfocia nell’eternità».
Una tragedia forse figlia dello stato di totale sfiducia nel quale era caduto l’uomo. E don Renato ha lanciato un monito per tutti: «La vita terrena spesso si presenta ardua e difficile; a volte addirittura può apparire assurda e insopportabile, ma non perdiamo la speranza. La nostra vita su questa terra si svolge all’interno di una famiglia, di un paese, di una comunità parrocchiale, della chiesa, in continua relazione con gli altri: questo è per noi una grande risorsa e ricca opportunità, ed, al tempo stesso, una rilevante responsabilità.Quando ci capita di sentirci soli, quando sentiamo un forte disagio, addirittura quando ci accorgiamo di sentirci depressi e schiacciati da un problema che ci sembra troppo grave e insormontabile, non dobbiamo avere paura di parlarne, di chiedere aiuto, ai familiari, ai vicini, ai compagni di lavoro, a un medico, a un sacerdote, di cercare e di affidarci ad una mano amica, perché sempre ci sono persone disposte ad ascoltarci e ad incoraggiarci.Ugualmente, come comunità e come singoli, dobbiamo essere sensibili e attenti al dolore degli altri, al disagio e alle loro paure, per intuire negli sguardi, nelle parole, nei silenzi e nelle stanchezze, quei segnali che possono permettere di cogliere una richiesta di aiuto, e diventare così strumenti di speranza e di fiducia nella vita».
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