Cronaca / Tirano e Alta valle
Sabato 08 Aprile 2017
Nuova vita per l’ex carcere di Tirano
«Ora educhiamo alla libertà»
Il coordinatore Cecco Bellosi: «Da corpo estraneo, a parte integrante della città». La comunità punta ad ampliare la coltivazione di vigneti e grano saraceno.
«Se oggi c’è il Gabbiano a Tirano, lo dobbiamo alla mediazione di padre Camillo De Piaz». Ricordo intenso del padre servita, ieri mattina, a Tirano da parte di Aldo Bonomi, presidente onorario dell’associazione Comunità il Gabbiano e direttore del consorzio Aaster, al convegno “Ottavia – la città della rete” organizzato in occasione della presentazione della nuova struttura polifunzionale destinata all’accoglienza, alla cura e alla riabilitazione di persone in situazioni di gracilità psico-fisica o di conclamata precarietà sociale, che ha trovato spazio all’interno dell’ex carcere cittadino.
«Con padre Camillo e David Maria Turoldo condivido la “valtellinesità” e con loro si è ragionato molto sul Gabbiano che prima è andato in “convento” (nella struttura in piazza Basilica) e ora transita in un ex carcere ristrutturato. Ricordo di Camillo il suo senso della religione che non può essere vissuta se non messa all’interno della storia, un rapporto che oggi andrebbe recuperato. Camillo era molto più laico di tanti laici. Mi spiace che oggi non ci sia a vedere questo Papa che mette in pratica l’empatia da religione e società. Camillo aveva una rubrica sui giornali locali intitolata “Dogana”, avendo ben chiaro che le differenze non stanno sui confini e sul margine. La frontiera era un punto di comunicazione non un muro, tema centrale questo in un momento in cui emergono muri per le persone, quando sono stati abbattuti i muri per le merci».
De Piaz ha fortemente voluto, negli ultimi anni della sua vita, l’insediamento di una comunità, come il Gabbiano, di fronte alla “sua” basilica. «Non ci sarebbe stato il Gabbiano senza questa visione di Camillo - ha aggiunto il sociologo -. Oggi celebriamo il passaggio dal luogo costruito per sorvegliare e punire a luogo della cura e dell’includere».
Un attestato di riconoscenza a padre Camillo e a quello che il Gabbiano sta facendo oggi è stato espresso anche da padre Antonio Santini, dell’ordine Servi di Maria. «Sono in contatto con il Gabbiano da 23 anni e vedo come la ricchezza di operatori sia andata crescendo. Abbiamo l’impegno di guardare in questa società complessa puntando sugli aspetti positivi e di speranza, coltivandoli. Il Gabbiano sta operando bene, si occupa di accoglienza dove prima di tutto occorre “collocare” la persona umana. Quando nel 1994 il Gabbiano fu accolto a Tirano c’è stata una trasformazione anche della città, perché in un primo momento gli abitanti e gli amici del convento erano contrari, ma la comunità dei frati con padre Camillo si è imposta e ha realizzato questa accoglienza».
Al territorio va riconosciuta l’apertura progressiva che ha portato ieri a presentare il nuovo centro lungo l’Adda dove, nel giro di alcune settimane, saranno operative una casa alloggio per malati di Aids accreditata per 10 ospiti e, in uno spazio separato, la comunità per il recupero e reinserimento dei soggetti tossicodipendenti per 29 utenti.
«Da corpo estraneo siamo diventati una parte di Tirano e della Valtellina. Credo che questo sia un dato significativo perchè vuol dire che le due parti - il territorio e l’associazione - si sono parlate e conosciute». Cecco Bellosi, coordinatore dell’associazione Comunità Il Gabbiano, con queste parole esprime il senso della giornata di ieri, partita alla mattina con una tavola rotonda nella sala consigliare del municipio e proseguita nel pomeriggio con la visita al nuovo centro, progettato dall’architetto Filippo Crucitti, e una conversazione sul tema del sociale.
«Quando siamo arrivati 23 anni fa a Tirano - spiega Bellosi -, l’impatto con la città è stato forte, come spesso accade per servizi come il nostro che accolgono persone escluse, gli ultimi della società. Abbiamo portato a Tirano, in piazza Basilica, una casa alloggio per malati di Aids e una comunità terapeutica a bassa soglia per le persone più emarginate. Grazie all’attenzione della popolazione e dell’amministrazione comunale e anche grazie a noi, che abbiamo sempre cercato il dialogo, oggi Il Gabbiano è presente con diversi servizi: le due comunità, lo Sprar che accoglie i rifugiati, una cooperativa che sta crescendo bene e sta coltivando grano saraceno e vigneti, da cui produce un vino molto buono insieme alla cantina vinicola Nino Negri e, infine, un housing a Villa di Tirano per le persone del territorio in difficoltà. Si tratta, in quest’ultimo caso, di un servizio di sollievo che gli Uffici di piano stessi ci chiedono».
Il trasferimento
Significativo il passaggio da piazza Basilica all’ex carcere. «La Curia di Como, proprietaria dell’attuale sede in piazza, non ci ha mai fatto fretta, ma da 15 anni ormai dovevano spostarci da lì - aggiunge -. Abbiamo trovato l’ex carcere grazie al Comune di Tirano. Dal punto di vista simbolico vuol dire avere trasformato un carcere con sbarre e muro di cinta in luogo di educazione alla responsabilità e alla libertà. Tutte le istituzioni locali (Comune, Provincia e Ats) ci hanno chiesto di mantenere i due servizi qui, questo ci fa dire che, pur con i nostri limiti, errori, con le fatiche e, a volte, le sconfitte, svolgiamo un servizio riconosciuto».
Secondo Bellosi, inoltre, si deve parlare di innovazione nel sociale che deve avere una connotazione più ampia rispetto al passato, non solo di assistenza, ma anche del prendersi cura, in un interscambio con il territorio. Innovazione per Bellosi significa anche agricoltura sociale. «Credo che sia bello che abbiamo cominciato a coltivare vigneti dismessi - conclude -. Stiamo coltivando quattro ettari e puntiamo a crescere ancora. Il tipo di welfare, che finora è stato assistenziale, deve essere per noi partecipato e le persone devono diventare protagoniste della propria vita».
«Partire sempre dai bisogni, avere l’orecchio a terra e le antenne sui territori». Ha riassunto così l’atteggiamento della Comunità il Gabbiano Albino Gusmeroli di AaasterLab cui, ieri, è toccato il compito di presentare l’associazione. Un gruppo che «ha fatto un grande sforzo nel diversificarsi sui bisogni del territorio ha sottolineato -. Quando ho iniziato a conoscere l’associazione, avevo l’idea di una comunità di recupero di tossicodipendenti chiusa su se stessa, invece è dinamica, in un positivo rapporto dialettico con il territorio. In questo sforzo di cambiamento voglio citare Massimo Pirovano che ne è stato uno dei fautori». Oggi il Gabbiano ha sette unità fra Tirano, Morbegno, Colico, Piona Olgiasca, Caloziocorte, Pieve Fissiraga e Milano. Occupa novanta persone, ha accolto 4mila ospiti dal 1983 al 2015, ha contattato 15.968 ragazzi dal 2013 al 2015 e attivato 163 nello stesso arco di tempo.
Coltiva vigneti con una produzione stimata di 20mila bottiglie all’anno, 12mila metri quadrati di meleti (45mila chili di mele di cinque varietà, duemila bottiglie di succo di mele), 6mila metri quadrati di terreni per la produzione di ortaggi e grano saraceno. «Ammonta a 4 milioni di euro l’investimento fatto per la riqualificazione dell’ex carcere, per il quale dobbiamo ringraziare gli sponsor fra cui Fondazione Cariplo - ha aggiunto Gusmeroli -. Per assicurare la copertura finanziaria mancano, però, ancora 400mila euro. Siamo all’ultimo miglio, per cui chiediamo un aiuto per raggiungere il traguardo».
È possibile sostenere il “progetto Ottavia” (la città nella rete, ovvero il nuovo centro de Il Gabbiano a Tirano) con bonifico bancario o versamento su conto corrente. Tutte le informazioni si trovano sul sito internet www.gabbianoonlus.it.
Nel corso del pomeriggio, Giuseppe Frangi, direttore del periodico “Vita” (non era presente, come annunciato, il giornalista Gad Lerner), nella conversazione con Aldo Bonomi, ha sottolineato il valore di quanto fatto «in un territorio periferico come Tirano – ha detto -, che possiamo prendere come laboratorio rispetto a quello che avviene nelle città». Il sindaco di Tirano, Franco Spada, ha sottolineato come il terzo settore in città dia 350 posti di lavoro e il valore delle cooperative sociali.
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