L’ultimo saluto a Francesca Rossi, precipitata sul monte Legnone. Commozione a Tirano: «Ciao stellina»

«Ciao Francy, ciao stellina». Proprio così stellina. Come quel ruolo nella recita di Natale che Francesca Rossi aveva interpretato da piccolina e che ora il cugino, don Michele Pitino, ha ricordato nel salutare, alla fine dell’omelia, la cugina tragicamente scomparsa in seguito ad un incidente in montagna, domenica scorsa, sulla cresta ovest del Legnone, nel territorio di Colico. Quella stellina che è diventata una stella luminosa e che di strada ne ha fatta in 45 anni, come don Michele ha detto alle esequie che si sono celebrate, mercoledì pomeriggio nella chiesa parrocchiale di San Martino a Tirano. Tante le persone venute da ogni dove – Francesca era nata a Tirano, viveva a Milano, ma insegnava Econometria all’università di Verona – per stringersi intorno alla famiglia, al marito Antonio, i figli Giorgio e Clara che erano presenti al funerale, i genitori e ai tanti parenti e amici.

«Di notte non si riesce a dormire, si pensa, forse si prega. Noi, qui, non siamo senza speranza, questo silenzio si riempie di speranza. Oggi vediamo solo tramonti, come nella nostra Sicilia, ma verrà l’alba e ci sorprenderà alle spalle», ha aggiunto don Michele condividendo l’ultimo incontro, la scorsa estate. «Un mattino presto, tu correvi, io al bar con un amico. Ti sei fermata, un’ultima colazione insieme, una chiacchierata, due passi e un saluto sul cancello di casa. C’era il sole caldo, come il tuo sorriso e le risate; quel caldo che ancora non sentiamo, quell’alba che ancora oggi non vediamo, ma la aspettiamo. E allora troveranno pace il nostro dolore e il tuo cuore, a volte, irrequieto. Oggi questo peso è grande, grandissimo, per te Stefano (il fratello che ha assistito alla tragedia, ndr) che sembra così grande da portare, ma lo faremo insieme. Sarà importante stare insieme e affrontare la realtà, stare uniti per tornare a sorridere insieme, tornare a sperare come la primavera torna ogni anno a fiorire».

Don Michele, affiancato dal parroco don Stefano Arcara e altri preti, ha aggiunto: «Siamo una comunità, una famiglia dove ci vogliamo bene e, anche se non ce lo siamo detti da un po’, se abbiamo lasciato passare tempo fra un incontro o un messaggio, se anche lo abbiamo detto in ritardo o con la voce troppo bassa, ci chiediamo scusa perché la verità è questa: che ci vogliamo bene. È la vita che conta, non la morte, ciò che ci metti dentro». E, davvero, lungo l’elenco di quanto Francesca ha messo nella sua vita: la sua passione, la sua intelligenza, l’intraprendenza negli studi, il piacere e la passione per la musica, il suo talento, le sue città Tirano e Pavia, Londra e Milano, Verona e la Sicilia delle «tante estati». Le risate con gli amici, i brindisi felici, le feste, i viaggi, «l’amore per la vita di cui eri assetatissima». Una brillante carriera accademica, da pochi giorni – soltanto il 1° ottobre - la nomina finalmente a professoressa ordinaria, traguardo raggiunto fra la stima di tanti.

«Fra le molte cose che ti sono venute bene, quella con Antonio: i tuoi figli, i tuoi amori – ha proseguito don Pitino -. Abbiamo riso insieme, ci piaceva scherzare delle nostre disavventure e delle nostre paure, del tuo lavoro che davvero non riuscivi a spiegare: “Faccio calcoli”, dicevi. E del mio di cui, ridendo, affermavi: “Tu che sei tanto vicino a Cristo” e che, oggi, invece vorrei sentire più vicino, come tutti noi. Ma oggi il pastore ti porta sulle tue spalle, ti stringe fra le sue braccia. Sei una luce grande. Non tenerla tutta per te, mandala su Giorgio e Clara e a noi che ti vogliamo bene».

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