Livigno, caso parcheggio: l’appalto non è a rischio

La gara per la realizzazione del parcheggio interrato Mottolino in località Bondi a Livigno non dovrebbe essere a rischio, nonostante di recente si sia scoperto che due imprenditori “a disposizione” di Cosa Nostra fossero ad un passo da mettere le mani sopra l’opera, anche se non erano riusciti a garantirsi l’appalto.

La notizia dell’interessamento all’opera livignasca da parte degli imprenditori Francesco Scirocco e Giovanni Bontempo, dagli inquirenti considerati vicini al clan mafioso dei Barcellonesi, è di qualche giorno fa, ma ora si apprende che l’arresto dei due uomini nell’ambito dell’inchiesta della la Dia (Direzione investigativa antimafia) e del Gico della Guardia di finanza di Milano ha davvero scongiurato per un soffio che, in qualche modo, riuscissero a mettere le mani sull’appalto.

Andiamo con ordine. Scirocco e Bontempo sono stati arrestati la scorsa settimana con l’accusa di intestazione fittizia di beni aggravata dall’aver agevolato la mafia. Stando alle indagini che hanno portato in carcere i due, attraverso Infrastrutture M&B, avrebbero gestito, come si legge negli atti, la «fase esecutiva di numerosi appalti pubblici, aggiudicati dalla stessa società», che aveva in pancia, da quanto si è saputo, lavori per almeno 250 milioni di euro, anche attraverso un’Ati (Associazione temporanea di imprese) con altre aziende.

Tra le gare finite nel mirino degli imprenditori legati a Cosa Nostra anche quella per la costruzione del parcheggio di Livigno, un’opera in calendario per le Olimpiadi invernali.

Ebbene, quella gara non erano riusciti ad aggiudicarsela, eppure erano ad un passo dall’ottenere in subappalto comunque l’affidamento dei lavori. Inquirenti e investigatori hanno infatti ricostruito che la gara è stata vinta da un consorzio di Ravenna, il quale avrebbe subappaltato a tre imprese milanesi. Queste ultime, stando alle indagini, riunite in una società consortile hanno richiesto, ai primi di luglio, l’autorizzazione ad un ulteriore subappalto sul movimento terra da affidare a due imprese, la Infrastrutture M&B appunto e un’altra riconducibile ad una persona, già emersa in una precedente inchiesta della Dda, legata ad una cosca di ’Ndrangheta.

E la domanda ora sorge spontanea: c’è il rischio che la gara vada rifatta, visti questi nuovi risvolti? Sembrerebbe proprio di no, questo grazie al fatto che è stata vinta dal consorzio di Ravenna che risulta estraneo ai fatti. Quindi, nessuna infiltrazione mafiosa, come ha precisato la Società Infrastrutture Milano Cortina 2026 “Simico”, ribadendo che «prosegue un proficuo scambio di notizie, dati e informazioni» con la Magistratura. M&B, ha spiegato in una nota Simico, «ha partecipato al bando di gara - procedura aperta a tutti, non a inviti - arrivando terza su complessive tre offerte giunte». Inoltre, «in conformità alla normativa vigente, accertato il divario delle offerte tecniche e delle offerte economiche pervenute, la busta con l’offerta amministrativa della suddetta società M&B è rimasta chiusa: qui, è ipotizzabile, si sarebbero potute evidenziare eventuali anomalie, ma ciò - come detto - non è stato necessario».

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