Cronaca / Tirano e Alta valle
Giovedì 16 Novembre 2017
La folgorante storia del giudice
ragazzino
Al Pinchetti di Tirano il giornalista Lorenzano ha illustrato il suo documentario su Livatino.
«All’ufficio postale si metteva in fila come tutti gli altri, nonostante un magistrato fosse una persona che contava e potesse avere la precedenza. Lui ci teneva ad essere come tutti gli altri. Al di fuori dei genitori non aveva nessuno. Aveva scelto di non sposarsi seppure avesse una fidanzata e di spostarsi senza scorta sebbene avesse ricevuto delle minacce delle quali non parlava con nessuno». Un uomo tutto d’un pezzo il giudice Rosario Livatino, morto a 38 anni per mano mafiosa nel 1990.
Il giornalista Davide Lorenzano ne ha descritto il profilo umano e professionale nel documentario intitolato “Il giudice di Canicattì: Rosario Livatino, il coraggio e la tenacia” presentato, ieri mattina, agli studenti del liceo e dell’indirizzo tecnico dell’istituto Pinchetti di Tirano.
Lorenzano - che di anni ne ha 26 ed è nato nello stesso anno in cui il giudice è morto e nella stessa città, Canicattì - è rimasto folgorato dalla storia di Livatino, il “giudice ragazzino”. «A 17 anni intervistai il padre di Livatino nell’ambito di un’iniziativa scolastica e rimasi segnato da quell’esperienza e dal dolore che trapelava dai suoi occhi - ha detto -. Uscii con l’idea di far qualcosa perché la memoria del figlio non si fermasse. Da giornalista, anni dopo, ho deciso di realizzare un documentario che ha richiesto 400 ore di lavoro e che è stato presentato, la prima volta, nel settembre 2016». Il docu-film della durata di un’ora si sta diffondendo in occasione di iniziative di promozione sociale proprio come il progetto “Pillole di legalità” che coinvolgerà gli studenti del Pinchetti per l’anno scolastico in corso.
«Ci sono molte interviste ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, mentre di Livatino solo chi l’ha conosciuto ne ricorda la voce - ha aggiunto -. Una serie di lacune e il desiderio di raccontare la sua storia umana prima che professionale mi hanno portato a indagare. Emerge l’immagine di un uomo altruista, generoso, capace, un investigatore formidabile. Dopo Falcone è stato il primo a condurre indagini con metodi innovativi ed il primo ad occuparsi dei casi di fatture false e degli incendi dolosi perpetrati ai danni dell’ambiente in provincia di Agrigento. Ma ci sono anche curiosità, che emergono dal documentario narrato dalla voce di Giulio Scarpati, come il lato cinefilo di Livatino che, a casa di sera, si sedeva con i suoi genitori a guardare i film western. Nei primi anni Novanta non esistevano smartphone e tablet, Livatino era persona del suo tempo, ma sofisticato nel suo lavoro».
Fra Lorenzano e Livatino non c’è contatto storico come detto, ma «vivere dove le vittime di mafia sono state un migliaio e sapere che una di queste della tua città abbia catturato l’attenzione nazionale mi ha fatto sembrare doveroso capirne di più. Trapela il profilo di un giudice tanto umano che sulla sua fine non ci si rassegna».
Prossimo incontro il primo dicembre con Francesco Castelli, collaboratore dell’ex magistrato Gherardo Colombo, che parlerà di legalità.
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