Cronaca / Tirano e Alta valle
Sabato 09 Settembre 2017
I ghiacciai senza pace, tracce di radioattività
Sono emerse in uno studio sul Morteratsch, nelle Alpi svizzere. Nuova conseguenza dell’effetto scioglimento - Nessun rischio per la salute.
Non c’è pace per i ghiacciai alpini in quest’estate meteorologicamente davvero bizzarra. Stavolta, protagonista suo malgrado, è il ghiacciaio del Morteratsch, nelle Alpi svizzere, dal quale emergono metalli pesanti e sostanze radioattive che però - è doveroso sottolinearlo- non implicano alcun rischio immediato per la salute.
Questa l’ultima scoperta è stata condotta da un gruppo di studiosi dei dipartimenti di Scienze dell’ambiente e della terra e di Fisica dell’università di Milano-Bicocca, dell’istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), dell’università di Genova e del Laboratorio per l’energia nucleare applicata (Lena) dell’università di Pavia. La collaborazione fra i ricercatori ha portato alla pubblicazione dello studio sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature.
Quelle che fino a poco tempo fa erano conosciute “solo” come importanti riserve d’acqua negli ultimi anni, oltre a diventare sempre più piccole e a perdere spessore, conterrebbero anche sostanze radioattive prodotte da test e incidenti nucleari come cesio-137, americio-241 e bismuto-207: dopo essersi depositate al suolo insieme alla neve, possono essere conservate per decenni nei ghiacciai che fondono e si ritirano ogni anno di più.
Questo quanto dimostrato dalle recenti misure effettuate sul ghiacciaio del Morteratsch da un gruppo di ricercatori italiani che ha utilizzato sedimenti chiamati crioconiti come rivelatori o “cartine tornasole” per l’analisi del ghiaccio. Le coppette crioconitiche - piccoli depositi di sedimenti scuri che si trovano sui ghiacci di tutto il mondo - oltre alle sostanze radioattive assorbono e concentrano anche metalli pesanti e metalloidi come zinco, arsenico e mercurio. Non è stato rilevato, comunque, alcun rischio immediato per la salute.
Fra le sostanze radioattive trovate alcune sono di origine naturale – come nel caso di torio, uranio e potassio – altre di origine antropica. La presenza di queste ultime è legata esclusivamente ad attività umane, ovvero i test e gli incidenti nucleari avvenuti negli anni passati.
Certe sostanze radioattive possono viaggiare insieme alle correnti atmosferiche e sono in grado di percorrere migliaia di chilometri. Per esempio gli effetti dell’incidente di Fukushima del 2011, avvenuto in Giappone, sono stati rilevati anche in Italia da alcuni degli autori di questo studio, seppure con concentrazioni bassissime: ecco come si spiega la presenza di sostanze radioattive sui ghiacciai alpini.
Il cesio-137 è fra i nuclidi artificiali più noti, nonché il più abbondante fra quelli trovati nelle crioconiti, è associato a incidenti come quelli di Chernobyl e Fukushima, ma anche ai test nucleari degli anni Cinquanta e Sessanta, e la sua diffusione è notevole. Lo stesso non si può dire per il bismuto-207: questa è infatti soltanto la seconda volta che viene rilevato nei ghiacciai. La sua origine rimane “misteriosa”, dal momento che non è ancora del tutto noto il processo antropico che lo ha prodotto.
«Questo lavoro dimostra la capacità della crioconite di trattenere inquinanti di origine atmosferica con estrema efficienza - ha spiegato Giovanni Baccolo, dottore di ricerca che collabora con i Gruppi di glaciologia e radioattività dell’università di Milano-Bicocca - incluse sostanze molto rare come i nuclidi radioattivi prodotti durante i test nucleari degli anni Sessanta. Considerando il perenne stato di ritiro dei ghiacciai alpini, questa ricerca è di grande interesse perché tutto ciò che è rimasto “intrappolato” nei ghiacciai negli ultimi decenni sarà presto rilasciato nell’ambiente».
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