Cronaca / Tirano e Alta valle
Giovedì 05 Aprile 2018
Grosio: morì incinta di due gemelle, a processo medico e ostetrica
L’accusa è di omicidio colposo. I legali della famiglia di Claudia Bordoni: «Fatti gravissimi»
Morì alla clinica Mangiagalli con le due gemelline che portava in grembo. E se solo si fossero messi in atto gli «accertamenti diagnostici e terapeutici» adeguati forse Claudia Bordoni, manager di 36 anni, originaria di Grosio, e alla 26esima settimana di gravidanza, si sarebbe potuta salvare, almeno lei, dalla grave emorragia interna che il 28 aprile 2016 l’ha portata via con le figlie.
Per questo motivo una ginecologa e una ostetrica della Clinica Mangiagalli di Milano sono stati mandati a processo per omicidio colposo per il caso di Claudia Bordoni. Lo ha deciso il gup Ezia Maccora che ha anche prosciolto una seconda ostetrica imputata in quanto avrebbe avuto un suolo marginale nella vicenda. Per i legali della famiglia della donna, come scritto in una memoria, si è trattato di «fatti gravissimi». Il processo si aprirà il prossimo 18 giugno.
Il giudice Maccora ha respinto l’istanza di proscioglimento per non aver commesso il fatto delle tre imputate proposta dalla Procura che già in origine aveva chiesto l’archiviazione del caso escludendo, anche in base a una consulenza tecnica chiesta dal pm Maura Ripamonti, il nesso causale tra l’omissione «gravemente colposa» della ginecologa e delle due ostetriche e la morte della paziente con le due bimbe. Il gip, però, aveva dato ragione ai legali della famiglia di Claudia Bordoni e aveva ordinato l’imputazione coatta e la conseguente richiesta di rinvio a giudizio.
Secondo gli avvocati del marito e dei genitori della donna, Antonio Bana, Francisca Buccellati e Antonio Sala Della Cuna, non sarebbero stati «posti in essere i doverosi provvedimenti diagnostici e terapeutici richiesti» per tutelare la «vita della madre» e delle gemelline che avrebbe dovuto dare alla luce in una «situazione ad altissimo rischio».
Il dibattimento nei confronti della ginecologa e dell’ostetrica mandate a giudizio prenderà il via il prossimo 18 giugno davanti alla quinta sezione penale del Tribunale. Claudia Bordoni, allora 36 anni, manager originaria della Valtellina, dal 13 al 20 aprile del 2016 era stata ricoverata al San Raffaele per complicazioni nel corso della gravidanza. Il 26 aprile, poi, si era recata al pronto soccorso della clinica Mangiagalli, il 27 era stata ricoverata nel Dipartimento materno-infantile ed era morta il 28 per un’emorragia interna
I genitori e il marito della donna, tramite i loro avvocati, parlano di «fatti gravissimi» e in una recente memoria depositata hanno sottolineato che non sarebbero stati «posti in essere i doverosi provvedimenti diagnostici e terapeutici richiesti» per tutelare la «vita della madre» e delle bambine che avrebbe dovuto dare alla luce in una «situazione ad altissimo rischio». Quella mattina, hanno messo nero su bianco i legali, «in un drammatico contesto» per via del peggioramento repentino delle condizioni della 36enne - che già qualche giorno prima per complicazioni era stata ricoverata e poi dimessa dal San Raffaele - non si procedette «quantomeno ad uno stringente monitoraggio» di mamma e bambine e la signora, come chiesto dalla ginecologa, non fu nemmeno sottoposta ad ecografia e altri esami. Quindi, anche per loro, «sono state dai sanitari del tutto ignorate le linee guida» di riferimento specifiche: «si trattava di emorragia con conseguente shock ipovolemico (con massiccia diminuzione del volume del sangue in circolo, ndr), colposamente non diagnosticati nonostante il crescente conclamarsi dei segni e dei sintomi».
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