Cronaca / Tirano e Alta valle
Lunedì 22 Maggio 2017
Gli impiantisti sul piede di guerra
Il vicepresidente di Federfuni, Soncelli, denuncia i ritardi di una legge di sostegno del settore. «Ci sono regioni come il Piemonte dieci anni avanti a noi. E sì che generiamo un indotto da 450 milioni».
Cosa n’è stato della legge sugli impianti di risalita? Se lo chiede Arnaldo Soncelli, vicepresidente di Federfuni, associazione italiana delle aziende ed enti proprietari o esercenti il trasporto a fune in concessione sul territorio nazionale, da Bormio all’Etna. E la risposta è tanto chiara quanto triste: «Nulla». Il commercialista milanese è intervenuto nei giorni scorsi a una serata promossa dall’Associazione che riunisce i valtellinesi nel capoluogo lombardo.
Dal suo contributo sono emerse informazioni preziose sulla situazione di un comparto trainante per l’economia della provincia di Sondrio e riflessioni sulle politiche da attuare. E come sanno non solo gli addetti ai lavoro, ma anche tutti coloro che si occupano di turismo, la situazione non è rosea.
«L’anno scorso si è parlato della nuova legge del settore, con tutte le possibili soluzioni ai problemi che ben conosciamo - ha rilevato -. Ci era stato detto che nel giro di alcuni mesi si sarebbe passati dalla parole ad azioni concrete, invece non se n’è saputo più niente. Ci vorrebbe, secondo noi, una maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Siamo un po’ abbandonati, manca un’adeguata visione della montagna. Vorrei citare i progetti per le zone di confine che non prevedono un sostegno diretto al nostro settore. Gli esempi da seguire non mancano, basti pensare al Piemonte che è avanti dieci anni rispetto a noi». Questo, Soncelli lo sottolinea, «nonostante l’impegno che riconosciamo al consigliere regionale Ugo Parolo».
Soffermarsi sul Piemonte impone, ad esempio, un confronto sul tema dell’innevamento artificiale. Il ragionamento è partito dall’indotto creato dagli impianti: alberghi, commercio in genere, scuole di sci, noleggi di attrezzature e affitti di appartamenti ed altro rappresentano questo mondo.
«Se in Valtellina il fatturato stimato degli impianti è di circa 63 milioni di euro, il valore aggiunto o indotto è vicino a 450 milioni. Perché allora non chiamare tutti gli attori a partecipare al costo dell’innevamento? Solo accennandolo è pericoloso. In altre Regioni, in forma diversa, si è già trovato un aiuto. Ad esempio vorrei citare il Piemonte, dove i costi sono i suddivisi in tre parti fra Regione, Comuni del comprensorio e società di impianti. La sola località di Sestriere ha un contributo di 2,6 milioni all’anno».
Per la stagione 2016/17 anche la Regione Lombardia ha predisposto un bando per un contributo a fondo perso mirato all’innevamento per un totale di 1,8 milioni in due tranche, di cui 400mila euro entro novembre 2017 e 1,4 milioni a gennaio 2018, con un contributo minimo di 75 mila e massimo di 125mila euro per stazione.
«Questo è già un primo inizio, ma vorrei ricordare la sola località di Bormio, che per l’energia sostiene un costo di 30mila euro al giorno per almeno 30/40 giorni. Quanto detto, essendo una serie di costi fissi, è indipendente dal flusso di sciatori. Sono oneri che si presentano nelle stagioni buone e meno buone, l’impianto gira e costa comunque».
Senza interventi il futuro rischia di essere decisamente complicato. «L’unico aspetto incoraggiante è l’assenza di un’autostrada che arrivi a Bormio, altrimenti ci sarebbe il pendolarismo allo stato puro».
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