Cronaca / Tirano e Alta valle
Domenica 30 Luglio 2017
«Due minuti che mi salvarono la vita»
Ezio Simonelli la mattina del 28 luglio 1987 stava andando a Sant’Antonio con due colleghi. A Tola il furgone della Sip su cui viaggiavano fu bloccato - «Un attimo e vidi la montagna andare in frantumi».
Non solo è stato uno dei pochi testimoni oculari del distacco della frana dal pizzo Zandila quella mattina del 28 luglio di trent’anni fa, ma Ezio Simonelli, conosciuto da tutti come presidente dell’Avis Sondalo - ruolo che ricopre da decenni -, sondalino classe ‘49, ha la consapevolezza di essersi salvato grazie a una sosta che l’ha fatto tardare di un paio di minuti a Tola (Valdisotto), altrimenti inevitabilmente là sotto ci sarebbe stato anche lui con i due colleghi della Sip che erano sul furgone.
Il racconto che fai di quei terribili momenti è drammatico. «Erano le 7,23, eravamo a Cepina per andare a Sant’Antonio. Giunti a Tola mentre il mio collega era sceso a discutere con un operaio che stava lavorando su una ruspa, io ero rimasto seduto sul furgone della Sip: avevo gli occhi sulla montagna, dal punto dove mi trovavo si vedeva solo la cima, chiamai subito i colleghi con la macchina fotografica perché vidi in quell’istante la montagna andare in frantumi, la scena che avevo davanti agli occhi sbalorditi ed esterrefatti era la stessa di quando si fa bollire l’acqua in una pentola. Sembrerà strano - prosegue Simonelli -, ma la frana non provocò rumore, si staccò in silenzio, almeno noi non abbiamo sentito nulla. In pochi minuti la strada verso Cepina si trasformò in un autodromo: arrivavano da Tola autocarri a grande velocità e tutti gridavano “Via, via” e quindi anche noi facemmo inversione di marcia fino ad arrivare a distanza di sicurezza, al ponte di Cepina. Da quel punto, anche a causa dell’aria che soffiava verso sud, abbiamo visto la nuvola di polvere che andava verso Sondalo. Fosse successo cinque minuti dopo o non ci fosse stata quella ruspa, certamente anche noi tre colleghi della Sip saremmo fra le vittime».
Il racconto di Simonelli è concitato, come se parlasse di qualcosa appena accaduto. «Spaventato da quanto successo - prosegue - mi portarono sulla strada del Gavia e dal passo dell’Alpe attraversai l’intera Val di Rezzalo a piedi a tutta velocità, portando la notizia della tragedia a Frontale dove vennero a prenderci».
Con gli altri colleghi della Sip Simonelli era in Alta valle per l’emergenza e quella tragica mattina aveva deciso di ispezionare Sant’Antonio Morignone per vedere come fosse la situazione: «Quella mattina di martedì 28 luglio ci alzammo di buon ora e ci avviammo verso Morignone, passammo il posto di blocco dei carabinieri al ponte di Cepina con il relativo permesso di transito rilasciato dalla Prefettura e ci fermammo all’altezza del camping Cima Piazzi di Tola perché c’era un operaio che stava lavorando con la ruspa. È stata la nostra salvezza: anche ieri mattina mi sono preso la briga di cronometrare quando ci si impiega in auto da Tola ad Aquilone, in un paio di minuti ci si arriva e quindi a distanza di trent’anni posso affermare con certezza che se non avessimo trovato quell’operaio con la ruspa, che io non vidi tanto bene perché ero rimasto sul furgone, ci saremmo trovati ad Aquilone proprio nel momento sbagliato». E la voce si rompe.
Simonelli non ha mai potuto rivedere il suo salvatore perché non sa chi cercare. Il sondalino e i colleghi erano in Alta Valle in quei giorni perché lunedì 27 luglio, il giorno prima della frana, la Sip dispose di far rientrare i mezzi a Bormio tramite i valichi di Chiavenna. «Con altri due colleghi valtellinesi raggiungemmo la località e pernottammo all’albergo Adda di Bormio. Quella sera al bar si fermarono molti addetti del Soccorso alpino, ci raccontarono della situazione molto pericolosa del Coppetto che continuava a franare. La mia intenzione l’indomani era di rientrare a piedi da Sant’Antonio Morignone fino a Sondalo, se la situazione lo avesse permesso».
Resta il mistero di quelle foto che scattò il collega di Tirano poi deceduto: «Non ricordo se la foto (che sarebbe una testimonianza unica del momento del distacco) l’ho vista oppure no - afferma Simonelli -. Sicuramente noi vedevamo solamente la parte alta della montagna, non l’intera frana che seppellì Sant’Antonio e Aquilone».
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