
Cronaca / Tirano e Alta valle
Giovedì 30 Gennaio 2025
Con un “tag” diffamò la figlia di Staffelli, tiranese a processo
Rischia una multa di mille euro per aver postato il video della canzone sessista di un amico rapper, ma i legali di un giovane tiranese non ci stanno: non è diffamazione, tutt’al più ingiuria
Tirano
Aveva pubblicato in una “storia” su Instagram la canzone “Non ci siamo” dell’amico e collega rapper Mister Rizzus, evidenziando alcune frasi sessiste e violente riferite a Rebecca Staffelli, speaker radiofonica e figlia del noto inviato di “Striscia La Notizia”. E aveva pure taggato la giovane, che proprio grazie a questa condivisione era venuta a conoscenza della canzone in cui si parlava di lei. E ora per Simone P., giovane tiranese, la Procura di Monza ha chiesto una condanna al pagamento di mille euro di multa per diffamazione.
Il musicista e youtuber Mr. Rizzus per quella canzone a giugno è stato condannato a dieci mesi di reclusione in abbreviato, unitamente al pagamento di una provvisionale di tremila euro a Staffelli. La contestazione riguardava un brano pubblicato su Youtube dal titolo “Non ci siamo”, nel quale il trapper cantava «20900 delinquenti, sco…o la figlia di Staffelli»: il numero rappresentava il codice di avviamento postale di Monza, città in cui abita la 25enne.
La vicenda non si è chiusa con la condanna del rapper, come probabilmente pensavano e speravano i legali del tiranese, e mercoledì è arrivata la richiesta dell’accusa, mentre la difesa, rappresentata in aula dal praticante avvocato Dylan Della Valle, ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste. «Riteniamo non sussista l’elemento oggettivo del delitto di diffamazione aggravata a mezzo social, ossia l’assenza della persona offesa, intesa come impossibilità di percepire la diffamazione e quindi di difendersi - spiega Della Valle -. Infatti, quando il nostro assistito ha taggato la Staffelli lei ha ricevuto un messaggio che la informava del tag su Instagram. Tant’è vero che lei stessa, al processo nei confronti di Mr. Rizzus, ha testimoniato di aver appreso della canzone dal tag di uno sconosciuto, il mio assistito appunto».
«Certamente lui ha fatto una cavolata, passatemi il termine - prosegue il praticante avvocato - ma è un qualcosa che appartiene al mondo dei rapper, che spesso pubblicano brani dei loro colleghi-amici sui social. Così ha fatto anche Simone, ma quella “storia” su Instagram, rimasta visibile per 24 ore, non può essere considerata diffamazione poiché ha taggato la “vittima”. Tutt’al più si può parlare di ingiuria, reato, però, che non esiste più dal 2016. Per questo abbiamo chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste o perché non è previsto dalla legge come reato».
E, del resto, Rebecca Staffelli ha revocato la costituzione di parte civile nel procedimento nei confronti del giovane valtellinese, con la rinuncia, quindi, a pretendere un risarcimento del danno. Ora si attende la sentenza del Tribunale di Monza, prevista per il 4 di aprile.
Diffamazione a Rebecca Staffelli, tiranese nei guai
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