Cronaca / Tirano e Alta valle
Sabato 24 Febbraio 2018
Altro che Carramba... Rimpatriata grosina
per gli assi del volley
Stefano Rinaldi e Danilo Bertuletti militarono in A2 nell’Olimpia Say di Bergamo. Dagli anni ’80 non si erano più rivisti fino a domenica
Il pallavolista grosino Stefano Rinaldi “Potone” classe 1965, schiacciatore che nella stagione ‘86-’87 ha difeso i colori dell’Olimpia Sav Bergamo nel campionato di serie A2, ha ricevuto domenica scorsa la visita del suo compagno di squadra, il palleggiatore Danilo Bertuletti, classe 1956, a oltre trent’anni di distanza da quella stagione d’oro.
Danilo ha suonato il campanello e Stefano è rimasto a bocca aperta. Si sono dati un cinque e l’abbraccio è nato spontaneo.
È la storia, degna del più classico “Carramba che sorpresa”, che vede protagonisti il più forte pallavolista di tutti i tempi della nostra provincia, il grosino Stefano Rinaldi ritiratosi dopo una stagione da grande protagonista in A2 e il suo palleggiatore Danilo Bertuletti, bergamasco doc. Dapprima vicinissimi, un anno intero vissuto l’uno a pochi centimetri di distanza dall’altro (bastava un cenno per capirsi al volo, se fare la “veloce” oppure colpire dalla banda). Poi lontanissimi, senza sapere più nulla uno dell’altro, ognuno a giocarsi la propria vita, costruendo una famiglia, lavorando. Danilo, reduce da una sciata con la famiglia a Livigno, si è fermato casualmente a Grosio e si è ricordato di quel compagno di squadra. Gli è bastato pronunciare il soprannome “Potone” per trovare la casa che cercava. Così in un freddo pomeriggio invernale il bergamasco ha ritrovato l’amico. «Conquistammo la salvezza - ricordano -. Un anno difficile col cambio di guida in panchina». «Era un fenomeno “Potone”, tirava bordate incredibili. Non scordo la partita contro Jimmy George, l’asso che poi perse la vita al quale è intitolato l’impianto di Montichiari - ricorda Bertuletti -. Quello era un fenomeno che stava in aria parecchio, ma Potone aveva la capacità di stare in alto più di lui. Stefano era appena arrivato in squadra e noi eravamo reduci dal terzo posto dell’anno precedente», ricorda il palleggiatore che dalla palestra non è più uscito, visto che dopo il volley ha fatto l’insegnante di educazione fisica. «Quando “Potone” decise di lasciarci dopo un solo anno di permanenza, fu un dramma per noi perché eravamo consapevoli di aver perso un campione».
Stefano ascolta quasi imbarazzato. «A Bergamo fu un anno bellissimo, mi trovavo alla grande con il coach e con i compagni di squadra. Ricordo il bulgaro Yordan Angelov, argento alle Olimpiadi di Mosca ’80, che mi insegnò come si facesse il fondamentale del muro, lui che fu premiato per quel fondamentale in quell’Olimpiade».
Ma sotto rete Stefano “Potone” non ci voleva stare: «Non era quella la vita che volevo - ricorda con tranquillità -, mi ero licenziato ed ero andato a Bergamo senza sapere in che categoria mi avrebbero fatto giocare, perché la società aveva due formazioni: una in C e l’altra in A. Mi ero trasferito per stare vicino alla mia fidanzata Mariella, che è diventata mia moglie. L’anno successivo ho partecipato col Mato Grosso a una missione di volontariato all’estero, ed era quello che desideravo fare».
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