
Cronaca / Valchiavenna
Giovedì 24 Aprile 2025
Tragedia di Delebio. «Ci ha presi a fucilate alle spalle»
Parla Italo Acquistapace, l’imprenditore colpito insieme a un collaboratore dal novantenne poi suicida. «Non avevo capito nulla finché non ho visto il sangue, poi il secondo sparo e Massimo diceva “non vedo più niente”»
Delebio
«Non posso dire di avere visto la morte in faccia perchè sono stato colpito alle spalle dalle fucilate. Petrone non l’ho visto, nè sentito. A un certo punto, mentre ero su una scala ad operare con un demolitore ho avvertito il rumore delle esplosioni, poco dopo il sangue mi scendeva sulla maglietta. Per alcuni interminabili secondi manco l’avevo notato, il sangue. Non ho fatto neppure in tempo a chiedere al mio amico e collaboratore imbianchino, Massimo Biocca, 50 anni, di Regoledo, il quale da qualche tempo ora vive pure lui nel mio paese: ’Ma cosa sta succedendo ? Perchè mi scende sangue sulla maglia?’ che il signor Petrone, uscito di casa, ha sparato un’altra volta...».
Inizia così il racconto di Italo Acquistapace, 53 anni, titolare di una ditta artigiana specializzata in servizi e impianti idraulici, che martedì pomeriggio ha rischiato di morire a Delebio, colpito dalle fucilate del novantenne Francesco Petrone nel vicolo Monticelli, dove è in avanzata fase di ritrutturazione l’edificio acquistato due anni fa dal piccolo imprenditore.
«Alla seconda fucilata - racconta ancora Acquistapace, da poche ore dimesso dall’ospedale e rientrato a casa a Piantedo - il Massimo mi ha gridato: ’Non ci vedo più, non ci vedo più’. Infatti lui ora è ancora ricoverato in ospedale perchè ha una situazione molto delicata a un occhio, prima di intervenire aspettano che cali l’infezione. Quel pomeriggio sono stato trasportato in ambulanza all’ospedale di Gravedona: un’attesa di 8 ore, una Tac e poi mi hanno rimandato a casa dicendomi che fra 10 giorni per una visita dal neurochirurgo. Per loro si trattava di semplici escoriazioni superficiali. Alla sera in auto, per i dolori, mi sono recato all’ospedale Manzoni di Lecco. Mi hanno estratto una ventina di schegge, tante dalla testa: un misto di piombo e calcestruzzo perchè i pallini del fucile dello sparatore rimbalzando contro la parete dell’edificio mi tornavano addosso con anche la calce. Ora ho ancora 2 schegge: una a mezzo centimetro da una vertebra e l’altra a un centimetro dalla carotide sul collo. Dovrò recarmi in ospedale a Milano per la rimozione. La mia prognosi non può ancora essere definita».
Il racconto prosegue: «Quando mi sono reso conto di quanto accaduto ho subito detto a mio figlio Loris, mio collaboratore in azienda, e presente, di chiamare subito i carabinieri. Temevo fortemente, infatti, che Petrone potesse sparare anche ad altri. Aveva uno sguardo, in quel momento, che terrorizzava. E quando si lamentava dei rumori - qualche rumore essendoci il cantiere autorizzato c’era evidentemente, ma quando abbiamo lavorato all’interno non si sentivano - mai avrei pensato che potesse succedere una cosa simile. Anche perchè ignoravo che avesse armi in casa, altrimenti avrei avuto paura per i suoi recenti atteggiamenti aggressivi e quindi avrei informato le forze dell’ordine».
Gli accertamenti investigativi, da parte dei carabinieri della Compagnia di Chiavenna, non si sono ancora conclusi a Delebio, teatro l’altro pomeriggio di un grave fatto di sangue. Ma la vicenda è sufficientemente chiara nei suoi drammatici contorni.
Al punto che ieri la Procura di Sondrio, diretta da Piero Basilone, ha disposto alle 13 la semplice ricognizione cadaverica sulla salma dell’anziano, senza ricorrere all’autopsia ritenuta non necessaria. L’imbianchino di Regoledo, frazione di Cosio Valtellino, resta tuttora ricoverato per le complicanze all’occhio.
Gli spari, secondo alcune testimonianze, sarebbero stati complessivamente quattro. I militari della Compagnia di Chiavenna hanno rinvenuto nell’alloggio della vittima un piccolo arsenale. Il morto, infatti, possedeva due pistole - una delle quali è quella che ha usato per suicidarsi con un colpo alla tempia, forse vinto dal rimorso convinto di avere commesso qualcosa di irreparabile - e quattro fucili. Si tratterebbe di armi, secondo quanto emerso dai primi accertamenti, tutte legalmente detenute.
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