Cronaca / Valchiavenna
Martedì 11 Maggio 2021
Rsa: riaperture per modo di dire
Ancora dubbi, rischi e burocrazia
Case di riposo. Dopo l’ordinanza i parenti degli ospiti chiedono di poter accedere alle strutture ma non è facile e non sarà immediato.
Sono “Covid free” dal marzo scorso, e, da allora, è diventato incontenibile il desiderio dei parenti di far visita ai loro famigliari, anziani o disabili, ospiti delle strutture protette. Siano Rsa, Rsd, o centri di riabilitazione e lungodegenza.
Che, già ieri mattina, e, in alcuni casi, anche domenica, sono stati raggiunti da telefonate dei parenti che chiedevano lumi circa la possibilità di andare a far visita ai loro cari.
«Ci stiamo lavorando e, sicuramente, a breve, riorganizzeremo gli accessi dei parenti in linea con l’ordinanza ministeriale, che, ovviamente, come sempre, viene adottata al sabato... - sottolineano dalla segreteria della Rsa “Città di Chiavenna”, ma il pensiero è comune a tutte -. Va detto, però, che non cambierà moltissimo - aggiungono -, perché non è che, sic et simpliciter, si torna allo status ante Covid. Le visite andranno sempre prenotate ed organizzate, solo che non sarà più necessario vedersi con un separè davanti, oppure vedersi tramite stanza degli abbracci, dove sono state introdotte».
Anche nella Rsa “Madonna del Lavoro” di Nuova Olonio, l’argomento del giorno, ieri, era la riorganizzazione delle visite «cui stiamo lavorando - assicura Emilvio Fascendini, direttore sanitario -, con l’obiettivo di aprire con le nuove regole, possibilmente, già da giovedì, sia per la Rsa sia per la Rsd. Occorre metterci la testa un attimo, però, perché il passaggio non può essere, del tutto, automatico».
Aspetto sottolineato anche da Costantino Tornadù, presidente della Rsa “Fondazione Città di Sondrio”.
«Subito, questa mattina - dice -, gli uffici si sono messi al lavoro, ma, chiaramente, occorre rifare il piano di gestione degli accessi, occorrerà farlo visionare e vidimare dall’Ats della Montagna, e, solo a quel punto, potremo essere pronti. I passaggi vanno fatti con cura, senza lasciare nulla al caso».
Anche perché, i punti nodali della questione, non sono pochi. In primis si prevede l’accesso ai parenti dotati di “carta verde Covid”, ai quali, subito dopo, sottoporre, per la visione e la firma, un Piano di condivisione del rischio.
«Ora, per quanto riguarda la “Carta verde”, bisognerebbe anche capire di cosa si tratta e chi la emette, e nulla, al momento, è dato sapere - precisa Giampaolo Muzio, direttore della Rsa “Città di Tirano” -. Per cui, alla fine, pare serva esibire unicamente il certificato di vaccinazione, prima o anche seconda dose?, o, in alternativa, poter dimostrare di aver fatto il Covid, il che presuppone la produzione di anticorpi. Il discorso del tampone nelle 48 ore precedenti non sta in piedi, perché persone che fanno il tampone esclusivamente per entrare in Rsa per vedere i parenti, prevedo ce ne siano poche».
«Poi, c’è il discorso della redazione del Piano di condivisione del rischio -aggiunge -, che, ovvio, ciascuna struttura deve cercare di mettere a punto. E, al riguardo, mi chiedo se non si poteva prevedere un format standard, di già a livello ministeriale utile, almeno come base, per tutti».
Per il direttore Muzio, c’è un problema di responsabilità. «Noi, per mesi, all’inizio dell’emergenza, siamo stati l’anello sacrificale del Covid - assicura -. Si moriva in ospedale, si moriva in casa, ma, a fare notizia, sono stati i morti in Rsa, per i quali, purtroppo, nulla potevamo se non cercare, con tutte le forze, di assistere i nostri ospiti al meglio possibile».
Ricordiamolo, non era possibile ricoverare gli anziani in ospedale, non si potevano sottoporre a tampone, e, all’inizio, non c’erano neppure i dispositivi di protezione. Un disastro.
«Ora ci si chiede di riaprire a stretto giro di posta - dice Muzio - e ci sta bene, però vorremmo anche che, finalmente, si depenalizzasse il Covid, e non se ne attribuisse la colpa a noi gestori. Perché il Covid, non è colpa di nessuno».
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