
Cronaca / Valchiavenna
Domenica 27 Aprile 2025
Prata Camportaccio, l’addio a Matteo: un’intera comunità stretta nel silenzio
L’incidente la sera di Pasqua a Campo Mezzola. Don Binda: «Questa folla, questa vicinanza conforta»
Prata Camportaccio
Il silenzio è regnato sovrano per tutta la durata della funzione e lungo il tragitto verso il cimitero, andata e ritorno. Nessuno ha osato proferire parola. Persino respirare appariva di troppo.
Tutti col pensiero a Matteo Triulzi, a sua sorella Veronica, a papà Marco e a mamma Lores Raviscioni che, prostrata dal dolore, si è chinata sulla bara del figlio, in cimitero, abbracciandola, ed era un abbraccio che andava oltre. Che voleva arrivare a Matteo per dirgli che, lei, era lì. Che ci sarebbe stata per sempre e che non l’avrebbe lasciato mai. Anche se di lì a poco, lui, sarebbe scivolato nella tomba ricavata per riposare per sempre, lei, ci sarebbe stata. E con lei tutte le mamme, i papà, le zie, le nonne, i figli, le figlie, i fratelli e le sorelle che erano al cimitero, una moltitudine, e che erano in perfetta simbiosi con mamma Lores.
Uno strazio collettivo, composto, perché di una sofferenza garbata si è trattato, ma che ha attraversato tutta la moltitudine di persone presenti. Giovani, tanti, ma anche meno giovani. Una folla è giunta si è radunata ieri pomeriggio nella parrocchiale di San Cassiano Valchiavenna per l’ultimo saluto a Matteo Triulzi, Triu per gli amici, 22 anni appena, falegname in Svizzera, morto in un tragico incidente stradale avvenuto la sera di Pasqua a Campo Mezzola. Erano le 20.20 quando è scattato l’allarme e poco dopo, se non in contemporanea, il cuore di Matteo ha cessato di battere.
Rispetto
E San Cassiano, insieme a Prata Camportaccio, si sono fermate. In segno di lutto e di rispetto per una famiglia così tragicamente provata.
«Un giovane figlio, un giovane fratello, un giovane amico, che parte improvvisamente - ha detto don Gian Battista Binda, parroco del posto, dall’altare -, ma, questa folla, vi dice affetto, perché in partenze come queste la parole lasciano il tempo che trovano, ma gli atti e i fatti sono quelli che restano. E questa vicinanza vi deve confortare. Abbiamo passato anche con Matteo un pezzetto di vita insieme - ha proseguito don Binda -. Di cammino insieme negli anni dell’oratorio. Schivo e introverso, ma generoso. E così è stato sicuramente negli anni a seguire. Lo salutiamo sapendo di affidarlo ad un Dio che è amore, un Dio vincitore della morte, perché la sua giovinezza rifiorisca nel regno che ha preparato per lui».
«Non possiamo aggiungere altre parole, risposte non ne abbiamo. Consegniamo a questo Dio, alle soglie dell’eternità, l’anima del nostro fratello Matteo e il corpo alla sepoltura in attesa della risurrezione finale ricordando che, apparentemente, questa partenza è disperazione, ma si unisce a una nota di vita eterna».
Concerto
«Per questo ho scelto di suonare il concerto funebre prima del funerale, ma all’uscita di Matteo dalla chiesa il concerto di distesa. Perché c’è una nota di tristezza grande, ma c’è una nota di speranza e di vita. In unisono, che fa sì che questa celebrazione non sia solo un saluto definitivo disperato, ma un arrivederci».
Parole che hanno esercitato un effetto balsamo sui cuori dei presenti, dei famigliari in primis, così come la compostezza della funzione, alla quale era presente anche don Giuseppe Paggi, e la sua animazione da parte del coro parrocchiale hanno contribuito a renderla un po’ meno pesante. Nonostante l’inevitabile e difficile distacco.
Il corpo di Matteo è stato tumulato in terra, dagli operatori delle onoranze funebri Paggi, al cospetto dei famigliari e di ali di folla, giunta per condividere il loro dolore, immedesimandosi in questa famiglia sofferente.
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