Pioggia forte e neve tardiva: le grandi frane si muovono

Le piogge intense degli ultimi mesi, insieme all’innevamento tardivo, hanno rimesso in moto le grandi frane. Si è già superata la prima soglia di criticità fissata dagli esperti per il Ruinon,a Valfurva, dove in alcune zone si sono registrati scostamenti superiori ai dieci centimetri. La frana della Val D’Agua, in Valmalenco, negli ultimi sette mesi si è mossa di quasi venti centimetri, così come Cortenova, in Valsassina. I dati resi noti da Luca Dei Cas, responsabile del centro monitoraggio geologico di Arpa Lombardia.

Ha radici profonde il monitoraggio delle frane in provincia di Sondrio ed è conseguente alle tragedie della Val Pola e delle alluvioni in Valtellina del 1987.

Sono quasi quarant’anni che Regione Lombardia ha attivato la rete di monitoraggio geologico che ha sede a Sondrio, all’Ufficio territoriale regionale e che ha nel geologo Luca Dei Cas, di Chiavenna.

Da allora eventi così drammatici fortunatamente non se ne sono più avuti, anche in ragione del presidio costante effettuato sulle grandi frane in modo da mettere al riparo da rischi la popolazione.

«Basti ricordare quanto è accaduto nel 2018 a Gallivaggio - ricorda Dei Cas - quando abbiamo lavorato d’anticipo, bloccando la viabilità e sgomberando le abitazioni, e nonostante la frana sia caduta in pieno giorno, nessuno si è fatto male».

D’obbligo chiedere al geologo se si aspettasse, però, che il Santuario non venisse colpito in pieno dal distacco come è accaduto, considerato il richiamo al miracolo giunto da più parti.

«Dalle nostre ricostruzioni della frana appariva chiaro che il Santuario sarebbe stato coinvolto, ma non abbattuto - osserva Dei Cas - sia per il quantitativo di materiale caduto, pari a 6mila metri cubi, contro, ad esempio, solo per fare un paragone, ai 30 milioni di metri cubi della Val Pola, sia per la presenza di un vallo di contenimento realizzato nel 2000 dalla Regione e dalla Comunità montana. E che ha mitigato gli effetti dell’evento franoso sul monumento e sull’area circostante».

Secondo il geologo, comunque, per quanto si possa fare in termini di prevenzione e di messa in sicurezza dei versanti, i massi probabile continueranno a cadere «ancor più in una provincia al 100% montana come la nostra - dice -, tra l’altro abbastanza intensamente urbanizzata e non sempre in modo oculato. Perché è impossibile garantire la sicurezza di un Paese che conta più di 600mila frane sulle 900mila censite in tutta Europa e questo per il fatto che è l’Italia è la nazione più montuosa fra alpi e appennini».

Importante, tuttavia, il lavoro di monitoraggio sulle grandi frane in atto, finito sotto i riflettori dei colleghi del Centro geologico nazionale norvegese, approdati a Sondrio due settimane fa per una visita al Centro e un confronto rispetto alle modalità di prevenzione adottate.

«É stato un onore per noi ospitarli e un’ennesima occasione di crescita» assicura il responsabile «quando all’insegnamento che mi ha trasmesso ad oggi questo lavoro di studio ed osservazione della montagna - conclude Dei Cas - è che occorre guardare alla natura come a qualcosa che non si può forzare. Che come uomini non dobbiamo per forza occupare ogni centimetro quadrato del nostro territorio, ma rispettare alcuni fenomeni dai quali non ci si può difendere dal punto di vista strutturale».

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