Omicidio colposo plurimo, cinque
rinvii a giudizio per la tragedia del Cengalo

Omicidio colposo plurimo. É l’ipotesi di reato formulata dalla magistratura svizzera nei confronti di cinque persone rinviate a giudizio per i tragici fatti del Cengalo, la mega frana di più di 3 milioni di metri cubi di materiale capace di travolgere tutto ciò che ha incontrato sul proprio percorso, anche otto escursionisti svizzeri, austriaci e tedeschi che quel fatidico giorno, il 23 agosto del 2017, avevano risalito i sentieri della Val Bondasca per nulla sbarrati.

Davanti al Tribunale regionale di Maloja, ha annunciato ieri la Rsi, Radio televisione della Svizzera italiana, dovranno comparire Anna Giacometti, all’epoca sindaca del Comune di Bregaglia e oggi consigliera nazionale della Confederazione elvetica, unitamente a due funzionari dell’Ufficio cantonale delle foreste e dei pericoli naturali, ad un consulente esterno del Canton Grigioni e ad un collaboratore del Comune di Bregaglia.

La ex sindaca e i funzionati e collaboratori del Comune di Bregaglia si sono chiamati fuori da ogni responsabilità, in corso di indagine, in quanto hanno sempre ribadito di aver agito in base alle raccomandazioni giunte dall’Ufficio grigionese foreste e pericoli naturali che, solo 10 giorni prima del tragico evento, aveva dato indicazione al Comune di mantenere aperti i sentieri per la Val Bondasca, la capanna Sciora e la capanna Sasch Furä. Per cui i funzionari ed amministratori non si sarebbero preoccupati oltre, tuttavia, evidentemente, queste spiegazioni non sono bastate a trarli d’impiccio anche in conseguenza alla pubblicazione di una perizia indipendente sulla frana di Bondo, realizzata dal geologo Thierry Oppikofer e resa nota il 22 dicembre dello scorso anno, secondo la quale la frana che ha investito in piano la località della Bregaglia svizzera facendo anche gli otto morti si poteva prevedere «e le autorità hanno corso un rischio inaccettabile - è scritto in perizia - non chiudendo prima i sentieri del versante».

Sentieri che sono off limits tutt’ora, anche se non è da escludersi che alpinisti ed escursionisti li percorrano lo stesso, per quanto, oggi, sia lecito pensare che dopo un simile distacco e “dilavamento” del versante, nuovi cedimenti difficilmente si possano verificare a breve.

La prudenza sarebbe tuttavia d’obbligo, perché quanto accaduto sette anni fa è scolpito nella memoria dei residenti a Bondo, ma anche di tutta la Bregaglia italiana e della Valchiavenna. Appariva incredibile vedere il versante sbriciolato in quel modo, con tutto quel pietrame precipitato nel fondovalle di Bondo, stravolto da tanta potenza distruttrice. Non ci furono morti in paese, per fortuna, ma danni ingenti, quelli sì, a strade e ad abitazioni, e tantissime le persone evacuate dalle loro case per giorni e giorni. E, al pari, gravi le conseguenze anche per i tanti lavoratori frontalieri diretti in Svizzera dalla Valchiavenna, costretti, per giorni, a compiere giri vorticosi per raggiungere l’Engadina o a mettersi in coda dalle 5, al semaforo di Bondo, in modo da poter risalire il Maloja a partire dalle 6.

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