Medici di famiglia e Case di comunità: si accende il dibattito nel Sondriese

La riorganizzazione sanitaria proposta dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, non convince la Federazione medici territoriali di Sondrio. Il segretario Marco Tam: «Siamo a livello di proposta ancora tutta da definire, ma il sindacato medico, così come il 99% delle altre sigle, esprime da subito contrarietà»

Il ministro della Salute Orazio Schillaci punta ad assumere come dipendenti i medici di famiglia oggi libero professionisti, a concentrare l’attività di medicina territoriale sulle Case di comunità e ad una nuova impostazione del percorso di formazione dei giovani medici del territorio, ma i sindacati medici sono già sul piede di guerra.

«Siamo a livello di proposta ancora tutta da definire, ma il sindacato medico di cui sono segretario provinciale, la Fmt, Federazione medici territoriali, così come il 99% delle altre sigle, esprime da subito contrarietà - dice Marco Tam, segretario della Fmt di Sondrio -. Siamo pienamente d’accordo sul nuovo approccio alla formazione che prevede il riconoscimento della specializzazione in medicina territoriale, un qualcosa che non c’è mai stato e che manca, ma su tutto il resto l’opposizione è completa. Siamo contrari al passaggio da libero professionisti a dipendenti, perché questo inciderebbe in modo forte sul rapporto fiduciario che si instaura fra medico e paziente. Verrebbe meno in automatico la figura del medico di fiducia, perché i medici sarebbe destinati a turni sulle Case di comunità per cui, l’assistito che ha bisogno trova chi è di turno in quel momento, non conferisce più con il proprio medico come accade ora».

Si tratterebbe di un passaggio epocale, che ai medici di medicina generale non piace affatto e forse sarebbe difficile da accettare anche per i pazienti. «Noi diciamo sì alle Case di comunità, che sono in divenire, perché al momento sono scatole vuote, purché non si pretenda di sostituirle in toto agli ambulatori che sono capillarmente diffusi sul territorio e che ci permettono di raggiungere i nostri assistiti nei luoghi più remoti - dice Marco Tam -. Oggi abbiamo 140 medici di medicina generale in provincia di Sondrio e più di 200 ambulatori sui quali ruotano, mentre le Case di comunità sono concentrate nei centri più grossi, sette al massimo, e non possono coprire tutti i fabbisogni. Noi crediamo che i medici debbano continuare a gestire i loro ambulatori periferici e prestare, poi, ore di servizio nelle Case di comunità in base ai loro carichi di lavoro. Chi ha meno assistiti vi lavorerà di più e chi ne ha di più, farà qualcosa meno. Non si può sostituire centinaia di ambulatori centralizzando in questo modo».

Tam, poi, attonito di fronte ai cambiamenti ai vertici della sanità provinciale cui si è assistito recentemente chiede chiarezza sulla rete ospedaliera e maggiore attenzione a quella territoriale. «Recentemente è stato presentato da Asst un Piano triennale territoriale sicuramente interessante, con proposte utili - dice -, ma dove non compare da nessuna parte il numero di cittadini ancora senza medico assegnato. Dai numeri che ho si parla di almeno 20mila persone delle quali, molte, non sanno nemmeno di non avere più il proprio medico e se ne accorgono solo nel momento del bisogno, quando capita loro qualcosa e si accorgono di esserne sprovvisti. Cosa facciamo per queste persone? Non si dice, a parte le soluzioni pur temporanee di Tirano e Chiavenna. E, poi, perché non si parla mai dei tassi di fuga dei pazienti ospedalieri? Come mai i sindaci non chiedono questi dati? Io sono ancora fermo al tasso del 2017, di Cecconami, che era intorno al 25%». Di gran lunga salito, però, perché dal rapporto Agenas del 2023 emerge che Ats della Montagna ha un tasso di fuga per ricoveri a media e bassa intensità di 42.50, sul massimo di Roma di 90.90 e il minimo di Trieste di 15.8.

«E, ultimo, ma non ultimo, il tema del dialogo fra medici del territorio e Ats e Asst - dice Tam - ancora tutto da costruire. I medici, dal Covid in poi, vanno avanti da soli. Non è stata costruita una rete vera di dialogo, ci sono alcuni rappresentanti medici che interloquiscono con le aziende, ma tutto finisce lì. Non è sufficiente».

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