
Cronaca / Valchiavenna
Venerdì 17 Novembre 2017
L’agonia del fiume e il rischio Cengalo
A tre mesi dalla frana pesantissimo il bilancio: nel Mera niente pesci e lungo le rive accumuli di materiale. Massera, Ups: «Inutile seminare novellame di qualità per il rischio di nuove colate, immissioni solo per i pescatori».
«Si sta facendo tutto il possibile per riportare i pesci nella Mera, ma i tempi dipenderanno dall’evoluzione della situazione della Val Bondasca». Sono passati quasi tre mesi dalla frana del Pizzo Cengalo del 23 agosto e in questo periodo, come sottolinea dall’Unione pesca sportiva il vicepresidente Fabiano Massera, è in atto il confronto fra enti locali e pescatori per garantire, in tempi rapidi, un futuro al principale fiume della Valchiavenna. Cominciando dai pesci, dopo che trote e temoli sono praticamente scomparsi in tutto il tratto compreso fra il confine di Stato e il lago di Mezzola.
Gli appassionati di pesca, di fronte alle conseguenze dell’enorme smottamento di oltre 4 milioni di metri cubi e delle successive colate, hanno fatto tutto il possibile per salvarli, ma sono riusciti a evitare la morte di poche centinaia di esemplari. Un’opera encomiabile, ma che non ha permesso di cambiare il destino del corso d’acqua. Adesso si punta sull’analisi approfondita della realtà e sul ripopolamento.
«Dopo l’evacuazione di centinaia di migliaia di metri cubi di materiale dal bacino di Villa di Chiavenna, dal muro della diga a Chiavenna la situazione non è pessima come si potrebbe pensare - ha spiegato ieri da San Cassiano Fabiano Massera, referente per la Valchiavenna per l’Ups -. Scendendo da Chiavenna a Gordona ci sono notevoli accumuli di materiale. Da Gordona al lago di Mezzola le condizioni diventano veramente pessime, perché il fiume non è più un habitat ospitale per i pesci. Bisogna intervenire e cercare di riportare la Mera a com’era prima del 23 agosto e magari anche migliorarla».
Sarà un’opera complicata. «Ci sono stati vari tavoli tecnici, nel corso dei quali sono state fissate le date dei primi campionamenti e monitoraggi di Arpa e Ups. Nell’immediato dobbiamo costruire un quadro chiaro della situazione, in modo da comprendere quali sono le condizioni a livello di substrato e pesci. Seguiranno altri incontri e si prenderanno dei provvedimenti, perché non è possibile lasciare un fiume in queste condizioni».
Ma l’allarme non è ancora stato archiviato. Dal Cengalo, infatti, potrebbe scendere altro materiale. Secondo alcune stime in Val Bondasca ci sono ancora altre centinaia di migliaia di metri cubi di roccia e terra e con il disgelo potrebbero essere trascinati a valle. «Adesso la situazione è abbastanza stabile, perché con la stagione invernale non si registrano piogge abbondanti. La realtà dovrà essere monitorata in primavera».
L’attesa sarà lunga. Si parla, come minimo, di mesi. Come intervento tampone, l’Unione pesca sportiva potrà immettere dei pesci “pronta pesca” fino a quando non ci sarà la garanzia di potere iniziare con il selvatico. «Sarebbe inutile seminare del novellame di qualità e poi, in primavera, fare i conti con ulteriori movimenti del Cengalo e nuove colate - chiarisce Massera -. Finché non avremo una buona percentuale di certezza di potere cominciare con questo percorso, penso che si debba immettere solo pesce per i pescatori».
Il futuro, insomma, dipenderà dall’evoluzione della situazione del Cengalo. «Non si può investire su un fiume che non ci dà certezze». Non sono previste formule particolari per le licenze, ad esempio attraverso degli sconti per le tessere. «Fino a Chiavenna il fiume non è in condizioni malvagie. Poi bisogna ricordare che la zona del permesso è vasta, perché comprende, oltre alla Mera, torrenti e laghi. Il fiume principale rappresenta una perdita enorme, però sapremo come investire anche in altre acque».
© RIPRODUZIONE RISERVATA