Cronaca / Valchiavenna
Giovedì 30 Settembre 2021
I genitori alzano il tiro
sul tema classi affollate
«Servono fatti e soldi»
A Sondalo e non soloLanciato «un appello urgente»
Sul tema delle classi pollaio ora ci si appella alla politica, affinché si trovi una soluzione in tempi brevi, chiedendo «fatti, non parole».
Prese carta e penna i portavoce della scuola media di Sondalo hanno inviato ieri una lettera, «un appello urgente», ai parlamentari e assessori regionali del nostro territorio, oltre che ad enti provinciali e al prefetto Salvatore Pasquariello, anche in vista del tavolo che a breve sarà convocato in Prefettura per risolvere il problema, che non tocca solo Sondalo, ma anche scuole di Sondrio, Novate e Chiavenna, oltre ad altre realtà provinciali.
Una missiva, firmata a nome delle famiglie della secondaria di primo grado sondalina indirizzata ai senatori e deputati Silvana Snider, Ugo Parolo e Mauro Del Barba, all’assessore regionale Massimo Sertori, a Simona Pedrazzi, consigliere al Pirellone, al presidente della Provincia Elio Moretti, al sindaco di Sondalo Ilaria Peraldini e ai presidenti delle Comunità montane locali Filippo Compagnoni, Tiziano Maffezzini, Emanuele Nonini, Gian Antonio Pini e Davide Trussoni.
«A voi chiediamo che non ci facciate arrivare la solita formula dello “scarica-barile”- scrivono i firmatari ripercorrendo le tappe istituzionali già intraprese con l’Ufficio scolastico regionale della Lombardia, quello territoriale di Sondrio incontrando il dirigente Fabio Molinari e con la Prefettura -. A voi chiediamo l’impegno di portare la nostra rimostranza a chi vi sta sopra, perché se potessimo noi, communis et miser vulgus, chiedere udienza al ministro dell’Istruzione Bianchi, statene certi che lo avremmo già fatto».
Ma nel rispetto di una gerarchia che «il nostro sistema amministrativo e politico prevede», le famiglie hanno già «salito i primi gradini, quelli ai quali ci era consentito un facile accesso».
Ora i portavoce dei genitori sostengono tocchi «a voi, alla Regione, farvi da intermediari con lo Stato». Non negano di essere «enormemente sfiduciati», ma disposti a «combattere perché i nostri figli abbiano davvero una scuola di qualità». Nella sostanza, incontro dopo incontro, il problema è di mera natura economica.
Le risorse
Ci vogliono le risorse per sdoppiare le classi così numerose: «La ratio che tutto regge è quella dei soldi che non ci sono!». Soldi che, a questo punto, «devono essere trovati: a dei cittadini, che a chi li rappresenta chiedono il diritto sacrosanto di vedersi garantita una scuola di qualità, non si può più rispondere che non ci sono i soldi».
Ora le famiglie pretendono che la politica si faccia parte attiva, «nel nome dei diritti costituzionali ai quali ci appelliamo, che l’impegno non sia più quello di fare il possibile, ma di trovare questi soldi che servono a formare classi dignitose, dove sia garantito il diritto all’apprendimento e alla formazione educativa e didattica dei nostri figli». E incalzano: «Che sia finalmente chiaro a tutti che di carte firmate e di parole spese ne abbiamo abbastanza! È tempo adesso che arrivino i fatti».
Dopodiché i firmatari fanno notare il paradosso che esiste tra le restrizioni in vigore imposte dall’emergenza sanitaria per arginare il rischio di contagio e un numero elevato di alunni nella stessa aula: «Ci chiedete di rispettare tutte le norme o i consigli per cercare di sconfiggere il virus - dal distanziamento all’igienizzazione, dalla riduzione della capienza nei locali pubblici ai vaccini - e poi formate, o accettate passivamente che si formino classi di 26, 27, 29, 30, 32 e 34 alunni? Ma che credibilità ritenete di poter avere ancora dal vostro elettorato?» il quesito che sollevano i firmatari.
E la montagna?
Altra incongruenza su cui pongono l’accento è quella di un’attenzione particolare che la scuola di montagna dovrebbe avere, ma che alla luce dei fatti non ha: «Stiamo parlando di risorse tolte alla scuola negli anni e che è giusto che tornino alla scuola, a maggior ragione in un contesto fragile e delicato come quello della montagna che necessita di leggi specifiche e non di deroghe. La scuola di montagna non può essere pensata come semplice trasposizione del modello impoverito delle scuole di città, perché il nostro territorio non lo consente».
Esausti e sfiduciati sì, ma non intenzionati a mollare i genitori, disposti «a raggiungere tutte le più alte sfere del nostro sistema politico e amministrativo pur di ottenere una risposta da chi governa, promette, usa e spende i nostri soldi e non garantisce servizi adeguati alla persona!».
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