Cronaca / Valchiavenna
Giovedì 01 Marzo 2018
Ex Falck, perizia sulla falda dal gip
Il perito del Tribunale ha depositato l’indagine effettuata sui pozzi piezometrici a Novate Mezzola. Una decina gli indagati per reati ambientali e falso. Tra loro anche dipendenti di Regione, Provincia e Arpa.
Da una parte l’accusa che non ha dubbi: la falda è inquinata. Dall’altra la difesa, che sottolinea come i parametri e i limiti non siano stati superati. Nel mezzo il perito nominato dal Tribunale di Sondrio, il geologo Maurizio Azzola, la cui relazione sulle analisi dei campioni prelevati dai pozzi piezometrici dell’ex area Falck a Novate Mezzola è finita sul tavolo del giudice per le indagini preliminari Carlo Camansio.
Le parti hanno avuto modo di confrontarsi martedì mattina in Tribunale a Sondrio, a porte chiuse, nell’ambito di quell’incidente probatorio chiesto e ottenuto dopo il sequestro dei pozzetti di rilevazione avvenuto nella primavera dello scorso anno sull’area oggetto di indagine. Ora gli atti tornano alla Procura - il pm è Luisa Russo - che avrà tre opzioni: archiviare il fascicolo, proseguire nelle indagini, chiedere il rinvio a giudizio.
Sono in molti a chiedersi quale decisione verrà presa: il Comune di Novate Mezzola, le associazioni ambientaliste e i diversi indagati. Dieci persone in tutto e quattro società: Novate Mineraria, srl, Novamin spa, Novate Metallurgica Novamet spa e - ovviamente - Falck spa (che ha lasciato l’area nel ’99). I fatti ci riportano in un passato ormai remoto, così lontano che probabilmente - se mai si dovesse finire a processo - i reati ambientali saranno già prescritti.
Tra gli indagati, oltre a dirigenti delle società coinvolte, anche dipendenti dell’amministrazione provinciale di Sondrio, di Regione Lombardia (che risulta anche tra le parti offese) e dell’agenzia Arpa (non essendo ancora conclusa l’inchiesta evitiamo di diffondere le generalità degli indagati, ndr), per i quali la Procura ipotizza il reato di concorso in “falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici” per aver certificato l’avvenuta bonifica e la messa in sicurezza dell’area che un tempo ospitava l’ex stabilimento Falck e della discarica Giumello, nel comune di Samolaco. Per la Procura il termine “bonifica” sarebbe stato usato a sproposito in quanto non sarebbe stata realizzata una barriera idraulica a protezione della falda acquifera del Fosso di Riva e di conseguenza del vicino lago di Mezzola. Quindi - questo il ragionamento degli inquirenti - nonostante la «presenza di un inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee con il superamento delle soglie di rischio rilevanti in base alla normativa di settore» - si legge nel fascicolo - gli enti pubblici coinvolti non avrebbero ottemperato a quello che prevede il decreto legislativo, ovvero a una reale bonifica della zona.
La perizia depositata e discussa martedì rappresenta uno snodo fondamentale di tutta la vicenda, che ora dovrà essere di nuovo vagliata dalla Procura. In aula ieri anche i rappresentanti dei Comuni di Novate Mezzola e di Samolaco, più che mai intenzionati a verificare se davvero siano stati commessi illeciti negli atti amministrativi che hanno accompagnato questa intricata vicenda, costretta da un lato a misurarsi con l’eredità - ingombrante - lasciata sul territorio dall’ex acciaieria, dall’altra con una normativa ambientale di non facile interpretazione.
E mentre in Tribunale la vicenda giudiziaria fa il suo corso, in Valchiavenna si continua a parlare della trasformazione dell’area in un sito produttivo. Il Parco Minerario del San Fedelino rimane in una situazione di stallo. Soprattutto per la disputa che vede su fronti contrapposti la Comunità montana e il suo sportello per le attività produttive e la società proponente Novate Mineraria, che ha portato quest’ultima a presentare un ricorso al Tar della Lombardia.
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