
Chiavenna
C’è anche un uomo residente a Chiavenna tra le cinque persone raggiunte ieri mattina da ordinanze di custodia cautelare eseguite dal personale del Nucleo polizia economico finanziaria della Guardia di finanza e della Compagnia carabinieri di Brescia, emesse dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Brescia, che sono ritenute prossime a contesti di criminalità organizzata di matrice ‘ndranghetista e accusate di bancarotta fraudolenta.
È agli arresti domiciliari, infatti Fabio Maria Bonasegale, milanese del ’69 residente nella città del Mera. La complessa indagine, coordinata dalla locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, ha avuto inizio nel 2021 con un’inchiesta relativa alla scomparsa di Pasquale Lamberti, un imprenditore svanito nel nulla il 3 luglio del 2021 da Besate, nel Milanese.
L’uomo era sparito dopo aver lasciato un messaggio nelle note del cellulare in cui indicava cinque presunti responsabili della sua sparizione. Dalla scomparsa sono iniziate le indagini che hanno portato alla luce presunti reati fiscali. Oltre a Bonasegale, che come detto è ai domiciliari, sono stati colpiti da ordinanza di custodia cautelare, e sono finiti invece in carcere, Antonio Bruzzaniti, calabrese di 69 anni, e Claudio Angelo Mancini, 60 anni, di Campobasso; mentre è ai domiciliari anche Gabriele Abbiati (classe ’73 di Seregno). A Domenico Caragnano è stato invece applicato il divieto di esercitare imprese e di assumere uffici direttivi in aziende. Nei loro confronti è stato disposto il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie e beni per oltre 650.000 euro. In totale risultano indagate nove persone. «Soggetti, ritenuti prossimi a contesti di criminalità organizzata di matrice ‘ndranghetista, che avrebbero acquisito, tramite una società svizzera, la proprietà di un’azienda bresciana operante nel settore zootecnico, depauperandola del proprio capitale e quindi determinando una procedura fallimentare» spiegano in una nota le Fiamme gialle bresciane. Secondo le indagini il gruppo avrebbe acquistato beni immobili destinati a soggetti legati da relazioni familiari con i promotori del disegno criminoso, l’utilizzo di auto di lusso nonché l’acquisizione di disponibilità finanziarie su carte di credito prepagate rilasciate da una piattaforma finanziaria svizzera. «In particolare, i soggetti coinvolti nel progetto criminale, oltre ad aver dissipato il patrimonio della società, si sarebbero altresì avvalsi di finanziamenti garantiti dallo Stato pari a oltre 1.700.000 euro e ottenuto un anticipo di crediti commerciali presso istituti bancari originati da fatture per operazioni “inesistenti”, per un valore di circa 400.000 euro».
La Procura di Brescia ha inoltre emesso un sequestro preventivo d’urgenza su somme di denaro e disponibilità finanziarie pari complessivamente a oltre due milioni e mezzo di euro, nonché sulle quote di una società coinvolta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA