Cronaca / Valchiavenna
Lunedì 25 Novembre 2024
Caso ex Falck: oggi l’udienza chiave
L’inchiesta ll giallo delle scorie al di sotto del piazzale dell’acciaieria a Novate Mezzola e nella discarica del Giumello. Interrogativi anche sul progetto di messa in sicurezza: il Comune e varie associazioni si sono costituiti parte civile
La sezione IV della Corte d’appello penale di Milano, in riforma della sentenza del gup di Sondrio, n.135 del 22 settembre 2020, aveva rinviato a giudizio tutti i dieci imputati e le tre società coinvolte, accogliendo il ricorso della Procura che aveva chiesto di procedere penalmente nei confronti di imprenditori, ma pure dirigenti e dipendenti all’epoca dell’amministrazione provinciale, responsabili di Arpa e funzionari di Regione.
Finiti sotto inchiesta perché avrebbero attestato falsamente che l’area dell’ex acciaieria era stata oggetto di una bonifica compiutamente realizzata e di opere di messa in sicurezza, nonchè avrebbero redatto atti falsi sui risultati dei campionamenti.
L’appuntamento
Oggi si terrà nel Tribunale di Sondrio un’udienza chiave, con la deposizione dei periti, per il caso Falck di Novate Mezzola e della discarica del Giumello nel Comune di Samolaco, nella quale il Comune di Novate Mezzola e varie associazioni si sono costituiti parte civile.
L’area ex Falck e la discarica del Giumello sono un lascito di un passato industriale che ha segnato pesantemente il territorio e gli abitanti di parte della Valchiavenna.
«Risulta infatti - afferma il sindaco di Novate Mezzola, Fausto Nonini - che al di sotto del piazzale dell’area ex Falck e nella discarica del Giumello siano state accumulate scorie e i materiali di risulta delle attività dell’acciaieria Falck contenenti elevate quantità di cromo esavalente, un noto cancerogeno, che sono rimasti per tutti questi anni a diretto contatto con il terreno sottostante e quindi con la falda. Intorno agli anni 2000, per le motivazioni che appariranno più ovvie solo 15 anni dopo, viene avviato un progetto di messa in sicurezza che prevedeva l’impermeabilizzazione superficiale tramite asfalto e argilla nel piazzale dell’area Falck e con teli nella discarica del Giumello e la realizzazione di alcune barriere idrauliche nei due siti atte a limitare l’interazione tra le scorie e la falda ed impedire quindi il dilavamento del cromo esavalente che è un metallo pesante facilmente mobilizzabile ad opera delle acque superficiali».
La certificazione
Nei primi anni del 2000 le opere di messa in sicurezza vengono attuate, ma la certificazione di avvenuta bonifica sarà rilasciata dalla Provincia di Sondrio solo un decennio più tardi, nel 2015.
Ebbene, sulla base dei numerosi documenti agli atti si riscontra che il progetto di “messa in sicurezza” non sarebbe stato rispettato. Nei fatti - sostiene ancora il giovane primo cittadino, laureato in Geologia - alcune opere essenziali per isolare le scorie dalla falda sottostante «non sono state realizzate, come ad esempio le due barriere idrauliche previste rispettivamente nella discarica del Giumello e nell’area Falck, e si riscontrano anomalie nei piezometri, che consistono in alcuni fori intubati nel terreno di lunghezza variabile che avrebbero dovuto permettere ai tecnici di accedere direttamente all’acqua di falda per rilevarne il livello e le proprietà chimico-fisiche, che sarebbero stati essenziali per poter monitorare e avere dati sull’effettiva contaminazione della falda, ma anche sull’efficacia delle opere di “messa in sicurezza” realizzate. Infatti alcuni dei piezometri presenti sono stati trovati ostruiti e quindi non utilizzabili, pertanto il monitoraggio è stato estremamente limitato rispetto a quanto previsto e da quanto il buon senso suggerirebbe in un caso di tale portata».
Inoltre, dalle dichiarazioni rilasciate in precedenti udienze da taluni lavoratori dipendenti del sito sembrerebbe che alcuni piezometri sarebbero stati manomessi. Sempre dagli atti si riscontrano anomalie persino nella copertura superficiale del manto d’asfalto dell’ex Falck che si ipotizza non sia stato realizzato come previsto e che, pertanto, limiti il potere impermeabile di questa soluzione che era stata adottata per motivi di costi e per non dover mobilitare con camion centinaia di migliaia di metri cubi di materiale contenente scorie industriali.
La questione
La domanda che viene spontanea e che alimenta i maggiori dubbi nella popolazione è: come sia stato possibile per la Provincia di Sondrio certificare, negli anni scorsi, con altri amministratori in carica rispetto agli attuali, l’avvenuta bonifica di un sito con documentata presenza in massicce quantità di scorie contenenti cromo esavalente e sulla base di un progetto di messa in sicurezza disatteso in parti sostanziali dello stesso?
«A distanza di anni dall’apertura del procedimento - sottolinea Nonini - e con migliaia di pagine di documentazione tecnica ove sono indicate le criticità riscontrate relative a tutto l’intervento di “messa in sicurezza” e le conseguenti certificazioni, ci si augura una dovuta e particolare attenzione da parte della magistratura ai fatti, ampiamente documentati e agli atti del procedimento, perché risulta palese, purtroppo, che in questo procedimento più di qualcosa non abbia funzionato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA