Cronaca / Valchiavenna
Domenica 10 Dicembre 2017
«Ai fornelli ci vuole più coraggio. E più orgoglio»
La ricetta dello chef stellato Stefano Masanti per la ristorazione è semplice: «Non bisogna svendere le eccellenze agroalimentari e si deve fare squadra»
Non è passato inosservato il monito lanciato dallo chef Alesandro Negrini su queste pagine sullo stato della ristorazione locale. Tra i primi a rispondere Stefano masanti, chef che con il ristorante Il Cantinone a Madesimo può vantare la stella Michelin da dieci anni, che sembra sulla stessa lunghezza d’onda. «Non solo ci vuole più coraggio, ma più orgoglio di essere ristoratori di un territorio che può vantare delle eccellenze agroalimentari molto spesso svendute. La Valtellina e la Valchiavenna sono in una posizione a metà tra la Svizzera, il lago di Como e Milano. Quando i turisti vengono qui vorrebbero mangiare solo i piatti della nostra tradizione spendendo poco, alcuni ristoratori subiscono questo approccio e pensano di andare incontro alle esigenze dei clienti, anche se i ristoratori sono solo una fetta del sistema turistico».
Masanti da qualche anno gode di un osservatorio privilegiato, visto che dopo la stagione invernale al Cantinone di Madesimo, dove ha lavorato paradossalmente meglio negli ultimi inverni senza neve, passa circa sei messi all’anno dall’altra parte dell’oceano in Napa Valley. Una scommessa fatta insieme alla moglie. «Ho conosciuto al mio ristorante i proprietari della Sattui Winery, una delle aziende vinicole più importanti della Napa Valley con 3 milioni di bottiglie prodotte, tutte vendute in cantina. La prima volta sono andato negli Usa nel 2009 per organizzare degli eventi, poi visto che volevano la bresaola che produco, ma ci sono regole molto ferree di importazione di carne, abbiamo replicato in California il mio laboratorio. Quando mi è arrivata l’offerta di passare la stagione estiva non ho resistito alla tentazione, è una bellissima esperienza che mi consente di guardare i fatti di casa nostra con occhio diverso, magari cercando di imparare come si fa turismo gastronomico».
Lo chef di Madesimo ha sempre sperimentato. «Quando abbiamo trasformato il Cantinone da pizzeria a ristorante gourmet la clientela è cambiata, lavoriamo con circa il 90% di stranieri, sono più curiosi e amano divertirsi a tavola, mentre gli italiani sono troppo seduti. Non si tratta solo di una capacità di spesa maggiore rispetto all’Italia, ma di una mentalità in cui l’italiano è convinto che certe cose le mangia bene a casa sua quindi non sente la necessità di fare un’esperienza gastronomica. Al mio ristorante non ho mai messo pizzoccheri in carta, faccio cucina fusion per esaltare con la tecnica i prodotti tipici, stando attento a non fare troppa confusione».
Il contatto con un’azienda di vini californiana, ha permesso a Masanti conosce meglio il valore del vino valtellinese nel mondo. «Nel mondo si beve vino valtellinese, invece si vede troppo poco vino valtellinese nei nostri ristoranti, basterebbe poco e con le forme di distribuzione odierne non ci sono scuse». È appena rientrato dal Belgio da una fiera per promuovere la sua bresaola, nel mondo si parla anche di cibo valtellinese. «Lo storico ribelle ha acceso i riflettori sul formaggio valtellinese con solo poche forme prodotte, c’è lo spazio per tutti ma queste eccellenze devono essere utilizzate per una promozione diretta del territorio senza investimenti pubblicitari talvolta poco efficaci. Le battaglie tra artigiani e agro-industriale sono dannose per tutti». Pensiero finale su alcuni amici chef che non ci sono più. «La perdita di Mattias non l’ho ancora digerita, abbiamo fatto tutto il nostro percorso insieme arrivando alla stella in due località di montagna, non sono più riuscito ad andare a Livigno, così come lasciato un grande vuoto la scomparsa di Andrea Tonola. Giovani bravi ce ne sono, la formula del ristorante sta cambiando, ci sono delle forme atipiche di ristorazione più facili dove si possono fare cose interessanti, basta avere voglia e idee chiare».
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