Volontari infedeli

Critiche del legale

alla gestione del caso

Croce rossa. L’avvocato Romualdi difende uno dei due giovani

finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di peculato. «La Cri poteva fermarli prima senza la gogna mediatica»

«La vicenda poteva essere gestita in maniera diversa. I due giovani sono stati messi alla gogna mediatica».

Sono decise le parole dell’avvocato Francesco Romualdi, difensore di uno dei due 20enni della Valmalenco finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di peculato in concorso per aver utilizzato mezzi della Croce rossa, associazione per la quale operavano in qualità di volontari (ma l’avrebbero lasciata presto, la Cri ha precisato che non erano in procinto di essere assunti), per scopi personali.

L’indagine

L’avvocato Romualdi è il difensore del ragazzo di Chiesa in Valmalenco, mentre l’altro di Lanzada, non ha per il momento nominato un avvocato di fiducia. Il legale sondriese non ha affatto apprezzato le modalità di gestione della vicenda da parte della Cri, ma nemmeno il fatto che siano stati resi noti i nomi dei due ragazzi, raggiunti da ordinanza di custodia ai domiciliari.

Poi arriva la seconda sferzata, questa volta diretta alla Croce rossa di Sondrio: dalla denuncia presentata dalla presidente, Giuliana Gualteroni, ha preso il via l’indagine dei carabinieri sfociata negli arresti, ed è stata una sua nota a rendere noto quanto accaduto (pur senza l’indicazione di chi fossero i volontari finiti nei guai).

Alcune considerazioni

«Mi permetto alcune considerazioni senza entrare nel merito della vicenda, posto che la sede naturale di discussione è l’aula di Tribunale e non la stampa - prosegue l’avvocato Romualdi -. Ho letto il comunicato diramato dalla Cri e proprio in ragione dei principi fondanti e informatori della Croce rossa la vicenda avrebbe potuta essere gestita in altra maniera. Esiste un codice etico che prevede regole, obblighi, procedure sanzionatorie e sanzioni, sarebbe stato sufficiente applicare detto codice etico subito, non appena avuta coscienza dei fatti e delle identità dei soggetti agenti, la situazione si sarebbe potuta bloccare. Si è invece preferito procedere penalmente, lasciare che il ragazzo (perché Negrini è un ragazzo, non lo si dimentichi) per mesi perseverasse nei suoi errori e aggravasse la sua situazione, lo si è seguito, monitorato e intercettato, e si è lasciato che ripetesse le condotte sbagliate così da poterlo far arrestare, esporlo al pubblico ludibrio e, evenienza forse non ponderata da chi di dovere, rovinargli la vita».

La retta via

Parole davvero dure quelle del legale, che prosegue: «Certo nulla di illecito, il ragazzo ha sbagliato e non merita giustificazioni se non quella che, proprio perché ragazzo, andrebbe aiutato a tornare sulla retta via, come il codice etico parrebbe dover/voler fare».

Alla fine, l’ultima stoccata. «Viene da chiedersi se detto approccio inflessibile sia stato utilizzato dalla Croce rossa Sondrio anche l’anno scorso, quando in piena emergenza epidemiologica si faceva fatica a trovare personale disposto a compiere missioni e operazioni a rischio contagio, e due ragazzi, giovani e volenterosi, si offrivano volontari a rischio della propria vita».

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