Cronaca / Sondrio e cintura
Mercoledì 10 Aprile 2019
Vinitaly, la Valtellina sulla Via della seta
«Avanti con cautela»
I produttori verso il mercato asiatico. Ma c’è un problema di numeri e di cultura del buon bere.
Anche la Valtellina dei vini può seguire la Via della seta per potersi affacciare a una finestra di mercato asiatico. Secondo i produttori, presenti al Vinitaly di Verona, la più importante fiera sul mondo del vino iniziata domenica e che si concluderà mercoledì, la possibilità di vendere qualche bottiglia di Nebbiolo delle Alpi anche in Oriente è possibile, superando alcune difficoltà. Decisamente ottimista è Davide Fasolini, dell’azienda Dirupi, una piccola realtà che negli anni ha saputo realizzare bottiglie molto apprezzate in Italia e all’estero. «Il mercato asiatico? Inizia a esserci la possibilità. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo in Oriente. La Valtellina inizia ad avere un nome importante, ed proprio quello che il mercato asiatico sta cercando. Inoltre i vini sono diventati molto più eleganti, la finezza e la bevibilità sono caratteristiche molto ricercate dai clienti dell’Oriente. Può esistere un problema di quantitativi, dal momento che in tutta la Valtellina produciamo solo 3 milioni e mezzo di bottiglie. Ma è una questione che è possibile affrontare dando il valore giusto delle bottiglie, per posizionarci in una fascia medio-alta di prodotti. Per ora il nostro mercato di riferimento è Italia: stiamo diventando importanti nel mondo, ma noi dobbiamo diventare forti a casa nostra».
C’è anche una questione più legata alla “moda” del momento, come spiega Danilo Drocco, che da un anno è alla guida della Nino Negri, la quale con le sue 900mila bottiglie è una delle cantine maggiormente rappresentative all’estero. «Esiste un problema di fondo: in questo momento gli asiatici sono appassionati di cultura occidentale, ma non ce l’hanno ancora nel Dna. Questo vale anche per il vino: il bere diventa uno “show”, per mostrare di assaggiare qualcosa di particolare, ma poi non viene adeguatamente abbinato al cibo. Bisogna aiutarli a capire il prodotto: dobbiamo raccontare la Valtellina e farli venire qui. Dobbiamo far crescere la coscienza di quello che stanno bevendo».
C’è anche chi ha avuto esperienze positive in Oriente, come Nicola Nobili, che insieme a Stefano Masanti, chef del Cantinone di Madesimo, una stella Michelin, ha fatto un’esperienza a Hong Kong: «Ci sono due fattori che giocano a nostro favore. In primo luogo, quando assaggiano i nostri vini, ne apprezzano la finezza e l’eleganza. Inoltre, rispetto al Barolo, per fare un esempio, hanno prezzi leggermente inferiori. I nostri vini piacciono, e gli asiatici sono molto interessati. Dal mio punto di vista dovrei presto avere risposte positive per inserire le mie bottiglie proprio su quei mercati». Meno ottimista, invece, è Luca Faccinelli: «Sono mercati dove c’è un’apertura, ma sono molto difficili, per una questione di numeri. Certo, può capitare di fare un ordine per l’Asia, ma il rischio è quello di non avere una continuità. Il nostro primo obiettivo resta il mercato italiano, soprattutto nella ristorazione medio-alta dove stiamo crescendo nonostante il periodo di difficoltà economica. E poi ci sono anche il Nord Europa e gli Stati Uniti».
Poche bottiglie che, però, possono diventare un numero maggiormente significativo se c’è una cooperazione tra le aziende. Ne è convinto Marcel Zanolari, titolare di un’azienda che punta moltissimo al biodinamico e a tecniche di vinificazione e affinamento particolari, come l’anfora. «Le nostre vendite riguardano soprattutto la Svizzera, ma ora stiamo puntando molto all’Italia e facciamo qualcosa negli Stati Uniti. Se lavoriamo in cooperazione con le altre aziende della Valtellina, possiamo comunque raggiungere qualsiasi mercato. Puntando però a presentare il nostro prodotto come un vino di alto livello qualitativo, anche di nicchia».
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