Strage di Nassiriya, toccante ricordo a Sondrio

Sobria ma toccante la “16^ Giornata del Ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace” al Parco della Rimembranza a Sondrio dove si è ritrovata l’Arma provinciale dei Carabinieri al comando del colonnello Giuseppe Bivona con le autorità religiose, civili e militari coordinate dal prefetto Anna Pavone. Nassiriya è lì come un punto fermo nel ricordo e come un maglio colpisce al cuore e ferisce ancora e sempre i superstiti di quell’immane tragedia e i familiari di chi in quell’orribile mattina di 21 anni fa perse la vita in un vile attentato.

Dopo l’alzabandiera il religioso omaggio floreale dinanzi alla targa commemorativa con tutti i nomi incisi dei caduti, mentre il “Silenzio” fa viaggiare la mente e la commozione del rispetto dovuto a quanti nel mondo intero ancora oggi prestano la loro opera per la difficile difesa della pace. Costruttori di pace caduti, ma non dimenticati.

Tutto essenzialmente puntualizzato dal Comandante dell’Arma Giuseppe Bivona nella sua articolata allocuzione: “Il 12 novembre del 2003, giorno della strage, fu una delle pagine più drammatiche della nostra storia recente. Alle 8,40 la guerra entrò nelle nostre case. A Nassiriya erano le 10,40. Eravamo lì in Iraq con la coalizione multinazionale, per garantire un processo di transizione pacifico. Quella mattina gli attentatori guidarono un’autocisterna piena di esplosivo contro la base “Maestrale” sede dei nostri Carabinieri. Terribile l’esplosione che causò un cratere profondo lasciando sul campo carabinieri, civili italiani ed iracheni. La devastante azione fu ricondotta ad una organizzazione terroristica internazionale che perseguiva l’obiettivo del ritiro delle Forze multinazionali di stabilizzazione, per riportare il Paese nel caos. Eppure il contingente era lì non per combattere una guerra ma per contribuire alla pacificazione di quel martoriato paese. Ricordiamo per dovere, caduti, orfani e vedove, perseguendo i valori della giustizia, della democrazia e della pace che i nostri militari ancora oggi garantiscono a rischio della propria vita”.

Una missione incompiuta finchè nel mondo ci saranno ancora focolai di guerra ed oppressione.

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