Cronaca / Sondrio e cintura
Martedì 01 Dicembre 2015
Sondrio, l’addio a Piero Melazzini
“È il Presidente”
Più di 60 anni vissuti nella Banca Popolare
Figura di riferimento a cavallo tra economia e cultura
Sì è spento nella notte tra domenica e lunedì Piero Melazzini, presidente onorario della Banca Popolare di Sondrio, artefice della sua crescita e figura di spicco della società valtellinese negli ultimi cinquant’anni. Avrebbe compiuto 85 anni il 22 dicembre. Non un semplice, seppur importante, banchiere, ma una figura a tutto tondo, a cavallo tra economia, cultura, società e valori.
Ha trascorso 63 anni nell’istituto di piazza Garibaldi, attraversando il Dopoguerra e la Guerra Fredda, la caduta del Muro e il nuovo Ordine mondiale, collassato miseramente insieme alle Torri Gemelle. E poi, ancora, gli anni del centrosinistra e quelli della contestazione giovanile, il Sessantotto, le ferite del terrorismo, la Milano da bere e Tangentopoli, con l’ascesa e il declino della Seconda Repubblica, mentre il crollo di Lheman Brothers annunciava i primi venti di tempesta che dalla finanza si sarebbero propagati all’economia reale. Un incompleto frullato di storia condensato in poche righe, ma che rende l’idea delle svolte epocali di cui è stato testimone Melazzini, diploma da ragioniere, assunto all’età di vent’anni - era il primo maggio del 1951 - alla Banca Popolare di Sondrio con la qualifica di impiegato di prima categoria e terminata, per quanto riguarda i ruoli operativi, il 26 aprile del 2014.
Da quell’incarico è stato un crescendo di promozioni lungo la piramide che porta alle posizioni di vertice dell’istituto di piazza Garibaldi, fondato nel 1871. La Valtellina di quegli anni si regge ancora su un’economia di tipo rurale, caratterizzata da una profonda arretratezza e da vaste sacche di povertà.
A partire dal 16 ottobre del ’57, Melazzini viene nominato capufficio, poco meno di due anni dopo, il primo settembre del ’59, diventa funzionario procuratore. Passano altri quattro anni, è il primo agosto del ’63, e assume la carica di vicedirettore. I tempi stanno cambiando, è già in corso il “Miracolo economico” e l’Italia, grazie ai primi vagiti della futura classe media, entra nell’età del benessere. In Valtellina ci vorrà ancora un po’ di tempo per sentire il cambiamento di atmosfera, ma gli effetti della modernizzazione iniziano comunque a farsi sentire nei tradizionali comparti produttivi, caratterizzati da una miriade di piccole imprese spesso a conduzione familiare.
Le banche locali, Bps e Creval, sosterranno questo passaggio che porta allo sviluppo del settore del terziario e dei servizi, lasciandosi alle spalle un mondo agrario, e per certi versi arcaico dal punto di vista delle dinamiche sociali, che lentamente andava ridimensionandosi. È un processo lungo e tormentato, che ha saltato le fasi dell’industrializzazione massiccia per approdare a un tipo di economia che, a differenza dei distretti, non era caratterizzata da un settore particolare e specialistico. Ciò fa sì che non ci sia un’area predominante sull’altra: questo bilanciamento e questa interconnessione consentono di sopportare meglio i periodi di crisi. Nel frattempo, Melazzini dal primo marzo del 1969 è direttore generale e lo sarà fino al 31 dicembre del ’94, data in cui rimette l’incarico. Gli anni Settanta vedono una profonda trasformazione dell’istituto di credito, basti pensare che a quell’epoca operava esclusivamente in provincia di Sondrio e con poche unità: nel 1970 le filiali erano 18 e 2 gli sportelli stagionali.
I processi di trasformazione della banca e della provincia subiscono una profonda accelerazione a seguito dell’alluvione del 1987. La Valle, colpita a morte, si mostra fragile e indifesa, ma quella data è anche lo spartiacque per riconsiderare il suo sviluppo economico, in un’ottica che tenga maggiormente da conto l’ambiente naturale nel quale realizzare insediamenti urbani, capannoni e vie di comunicazione. Proprio pochi mesi prima, era il 27 gennaio dell’87, Melazzini diventa consigliere di amministrazione della Bps. Prosegue la sua ascesa, mentre l’Italia inizia a diventare un popolo di piccoli investitori. «Da quando fui nominato, nel 1984, primo presidente del Gruppo Arca (fondi di investimento, ndr), lungimirante realizzazione di 12 banche popolari, ebbi l’occasione e il piacere di collaborare più strettamente con lui, perché Melazzini fu una delle colonne che diedero vita a quel bellissimo progetto e che, più a lungo e con più coerenza di tutti, lo sostenne con assoluta lealtà. Come fa in tutte le cose in cui crede», ha scritto lo scorso anno Marco Vitale, economista d’impresa. Un ritratto che descrive alla perfezione la caparbietà e la correttezza che metteva nell’affrontare le nuove sfide.
«Lavora di meno Piero, stai vicino alla famiglia», lo sollecita la moglie Luisa. Ma quelli sono gli anni in cui comincia a fare capolino la parola globalizzazione, l’istituto espande la sua attività anche sui mercati regionali, nazionali e internazionali, pur rimanendo sempre fedele al territorio d’origine e alla politica dei piccoli passi compiuti in autonomia e per linee interne. Dal primo giugno del ’93 fino al 25 giugno del 2009 Melazzini diventa consigliere delegato, e proprio nel 1995 l’ampliamento delle sfere di influenza interessa anche la Svizzera, con la nascita della Banca Popolare di Sondrio (Suisse). Dal primo gennaio del ’95 assume la carica di presidente del consiglio di amministrazione fino al 26 aprile del 2014. Intanto sulle principali piazze nazionali cresce in maniera esponenziale il numero di sportelli e dipendenti, fino ai tremila attuali. E proprio alla forza lavoro dedicherà sempre un occhio di riguardo nelle tradizionali e celeberrime lettere destinate ai soci, sottolineando l’impegno e lo spirito di servizio. Un desiderio di compattezza, di unità d’intenti, entrato a far parte della cultura aziendale. «Il Presidente mi ha confidato che il valore più grande di un’azienda è legato al personale, di qualunque livello, dai primi posti al vertice alle posizioni professionali meno evidenti, ma altrettanto importanti», ha raccontato l’allora vicepresidente Miles Emilio Negri. Uno sguardo su tutti gli aspetti della vita in azienda che rappresenta uno dei principali lasciti di Melazzini, diventato nel ’98 anche Cavaliere: una vita per la banca che non si è mai limitata a una semplice somma tra il dare e l’avere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA