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Cronaca / Sondrio e cintura
Lunedì 03 Febbraio 2025
Sondrio in festa per Don Bosco, «I giovani vanno ascoltati»
Collegiata gremita ieri per la memoria del patrono dell’oratorio. Don Cucchi: «I nostri ragazzi desiderano vivere in pienezza la loro vita»
«Dobbiamo tornare a guardare i giovani, a smettere di correre e ogni tanto fermarsi a guardare in faccia questi ragazzi che hanno paura e ansia perché si confrontano con un mondo che va troppo veloce e che produce senso di inadeguatezza e li fa sentire costantemente non all’altezza». È un invito chiaro quello giunto ieri da don Emanuele Cucchi, direttore dell’Opera salesiana di Sondrio, che nella collegiata dei Santi Gervasio e Protasio ha presieduto la messa al culmine delle celebrazioni per San Giovanni Bosco.
I presenti
Tanti i fedeli presenti, le famiglie e i giovani dell’oratorio San Rocco - che poi hanno partecipato in oltre duecento al pranzo comunitario -, ma anche le principali autorità civili della città e della provincia, a partire dal prefetto Anna Pavone. E numerosi i concelebranti: gli altri sacerdoti della comunità salesiana, don Giacinto Panfilo, don Andrea Mariotti e don Pierangelo Rimoldi, oltre all’arciprete di Sondrio, don Christian Bricola, a monsignor Valerio Modenesi e padre Francesco Parente della Fraternità Santo Spirito di Colda.
«Dobbiamo tornare a guardare i giovani non solo come singoli ma come comunità - ha insistito don Cucchi -. Se non lo facciamo, i giovani si faranno sentire e vedere facendo disastri come abbiamo sentito negli ultimi mesi continuiamo a sentire sui giornali». La riflessione del direttore dei Salesiani è partita da una testimonianza del cantante Alfa, che si dice spaventato da una società che corre e “dove non conta il risultato ma in quanto poco tempo lo ottieni e quindi tutti corrono anche se non sanno dove stanno andando, io no. Io non so chi sono, né chi voglio diventare e mi fa paura. Ho anche ansia, ansia di non essere abbastanza per chi conta o cdi non essere unico per nessuno. Ansia di non trovare la mia strada”. «Se don Bosco passasse per le nostre strade e parlasse a cuore aperto con un giovane, probabilmente oggi sentirebbe queste parole - ha aggiunto don Cucchi -. I giovani del suo tempo erano diversi: erano ragazzini che avevano invaso Torino, senza famiglie, con un lavoro da bestia: erano ladruncoli e affamati e avevano bisogno di tutto».
La situazione attuale
«Oggi no, le cose sono diverse: i nostri ragazzi hanno tutto, ma manca loro la cosa più importante, vivere in pienezza la vita e forse, anche se i tempi cambiano il cuore di un giovane ha sempre le stesse domande». Dagli insegnamenti di don Bosco, il direttore dell’Opera salesiana ha sottolineato la necessità che i giovani abbiano un padre, ma «questa figura oggi è la grande assente, lo dicono tutte le ricerche sociologiche». Allora vanno riscoperte, secondo don Cucchi, «due dimensioni della paternità. La prima è questa: avere un padre significa sentirsi di qualcuno, sentirsi appartenenti a qualcuno».
Da qui la necessità di «tornare a guardare i giovani». Allo scopo di aiutarli «a dare senso alla vita», che è «la seconda dimensione della paternità». Perché «il bene che don Bosco ha voluto ai giovani - ha spiegato don Cucchi - non era un bene chiuso in se stesso, fine a sé stesso, ma era un bene volto trasmettere la fiducia in loro stessi affinché avessero quella base sicura da cui partire per dare un significato alla loro vita». «Don Giovanni Bosco - ha concluso don Cucchi - era convinto che un giovane si salva solo se lo si accompagna a trovare un motivo per cui dare la propria vita».
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