Cronaca / Sondrio e cintura
Lunedì 25 Novembre 2024
Sondrio: al liceo Donegani un’installazione per ricordare le vittime dei femminicidi
Una mostra interattiva all’insegna della speranza e aperta al pubblico per le prossime due settimane
Negli ultimi tre anni sono state 127 in Italia le donne vittime di femminicidio. Tante quante le puntine bianche e rosse che tempestano il pannello di sughero che accoglie i visitatori nell’atrio del liceo scientifico Donegani a Sondrio, dove è stata allestita una installazione aperta al pubblico per due settimane in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.
Una mostra interattiva, all’insegna della speranza, ideata sotto la regia del docente Gianluca Moiser, affiancato da Giulia Gianoli, che fa parte del sodalizio sondriese tutto al femminile Argonaute, da sette studentesse, la maggior parte di classe prima con alcune “colleghe” di terza e quarta. Ossia Isabella Bordoni, Lara Datelmi, Micaela Del Zio, Martina Bassola, Caterina Munarini, Sofia Formolli, mentre della parte artistica si è occupata Matilde Radaelli.
Ma dove sta l’interazione con chi guarda e legge quanto le giovani ragazze hanno creato? In pratica ogni visitatore, studente, prof o cittadino qualunque, potrà lasciare un segno tangibile del suo passaggio. Una riflessione su un post-it da attaccare o nella sezione su un mega poster in cui campeggia la scritta “Un pensiero” riservata a quel che è stato o in quella adiacente il cui titolo è “Una speranza”, affinché i soprusi e la violenza contro le donne possano finire. “Non voglio più sentirmi dire che sono una donna in carriera: lo studio mi ha salvata” è il post-it che ha lasciato ieri Giovanna Bruno, dirigente del polo liceale Città di Sondrio, di cui fa parte il Donegani.
«Ho molto apprezzato la scelta delle studentesse di non limitarsi quest’anno ad una semplice denuncia o fotografia del fenomeno, ma di rendere interattiva l’installazione – ha detto complimentandosi con il gruppo di lavoro la preside – e di guardare al futuro, con speranza».
«Ogni ragazza che ha aderito al progetto ha portato la storia di una donna - ha spiegato Moiser -. Donne anche distanti nel tempo: qualcuna legata alle cronache di oggi, altre invece appartengono al passato, ma in qualche modo sono state vittime di violenza».
Accanto ad ogni storia un oggetto simbolo della donna raccontata. Per esempio c’è una fede nuziale accanto alla storia di Franca Viola, prima donna italiana ad aver rifiutato il matrimonio riparatore pubblicamente, diventata emblema della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra raccontata da Datelmi, mentre c’è una scimmietta di peluche accanto alla tragica vicenda di Sarah Scazzi - il delitto di Avetrana, nda -, cui si è dedicata Del Zio, invece un ciuccio accanto alla tragedia di Giulia Tramontano, uccisa insieme al piccolo Thiago che portava in grembo dal fidanzato Alessandro Impagnatiello. Di lei si è occupata Bassola. Munarini si è concentrata su Ipazia, la prima donna matematica la cui vita sia ben documentata, Bordoni ha scelto di scrivere la storia Malala Yousafzai, attivista e blogger pakistana, nonché la più giovane vincitrice del premio Nobel per la pace, infine Formolli che ha scritto la storia di Anna Bolena. Per riflettere e non dimenticare.
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