Salesiani in festa
per don Egidio
«Sempre attuale»

Centerario con il rettor maggiore Ángel Fernández Artime

«Ogni tanto rileggo gli scritti di don Egidio e devo dire che mi stupisco sempre, perché sono assolutamente attualissimi».

È forte la stima che nutre don Ángel Fernández Artime, rettor maggiore dei Salesiani, nei confronti di don Egidio Viganò, suo predecessore (è stato il settimo successore di don Bosco) ieri ricordato solennemente a cento anni dalla sua nascita.

Introdotto da don Giacinto Panfilo, direttore della comunità salesiana di Sondrio, il rettor maggiore ha delineato – prima nella cerimonia civile alla presenza delle autorità, quindi nella celebrazione della messa – un profilo del suo predecessore prendendo spunto, innanzitutto, dalla terra natia, ossia la città di Sondrio.

Figlio di una famiglia numerosa, è cresciuto nel capoluogo valtellinese, luogo nel quale è entrato in contatto con i padri salesiani. «Non posso non ricordare di don Egidio la devozione a Maria Ausiliatrice che ha ereditato da questa terra di Valtellina e dalla sua famiglia», commenta don Artime. «Qui – prosegue sempre il rettor maggiore – ha ereditato i primi fondamenti della relazione con la mamma celeste e poi, nel tempo, è riuscito a trasmettere in questo campo la ricchezza del rinnovamento secondo i dettami del Concilio Vaticano II».

Il rettor maggiore, per la prima volta a Sondrio, ha celebrato la messa in ricordo di don Viganò nel cortile dell’istituto salesiano, attorniato dalle montagne, «la più bella cattedrale che ci sia», per usare le sue parole. «Non conoscevo questa magnifica terra, ma ne avevo sempre sentito parlare come il luogo dove, appunto, lui è cresciuto e dove aveva le sue radici. E questo è un fatto importante, perché quando le persone non hanno radici si sentono molto più fragili».

Ha poi proseguito citando lo slancio missionario che ha caratterizzato la vita del suo predecessore. Esperienza, quella in Cile, nata del tutto casualmente, per uno scambio di persona. Tuttavia, il carattere forte e risoluto di don Egidio Viganò non si è sottratto al compito affidatogli e, per questo, partì alla volta dell’America del Sud. «Il suo cuore missionario è stato grande: dall’esperienza in Cile ha appreso come fare per poter sviluppare il “progetto Africa”, che ha dato i frutti all’intera congregazione».

Nell’omelia ha preso spunto dall’immagine, tratta dal vangelo, della rete gettata nel mare. «Don Egidio ha intuito il valore e l’immagine della rete gettata: in essa ha visto l’opportunità di non tenere la congregazione entro angusti confini, ma di spingerla verso più lontani orizzonti».

S’è poi rivolto ai giovani, tanto amati da don Viganò negli anni del suo ministero. «Come lui anche io negli anni ho imparato che i giovani hanno un cuore grande, la cui chiave si trova all’interno: il cuore si apre quando si sente colpito da amorevolezza e tenerezza».

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