Cronaca / Sondrio e cintura
Lunedì 03 Giugno 2019
Promessa mantenuta: 70 anni di risate a Sondrio
La compagnia I Legnanesi, tra le più longeve d’Italia, ha incantato il pubblico del Teatro Sociale. Biglietti esauriti e applausi a scena aperta per la famiglia Colombo e una trama intrisa di tradizione e modernità.
Ci volevano “I Legnanesi” per riempire il Teatro Sociale fino all’orlo senza neanche più un posto a sedere ormai da settimane, per suscitare risate a scena aperta ripetutamente durante i due atti dello spettacolo “I Legnanesi – 70 anni di risate”. Un aggettivo basta a definirli: strepitosi. Davvero e come sempre. Da settant’anni ormai – anche se gli attori sono cambiati - “I Legnanesi” sono un marchio di fabbrica di quelli che, se li porti a teatro, sei sicuro di fare il pienone – così è stato anche nel capoluogo, grazie all’associazione Amici del Teatro Sociale che li ha invitati -, ma sei anche sicuro di regalare una serata di pura allegria e sano divertimento al pubblico di ogni età. C’erano fra gli spettatori di Sondrio i nonni che una volta erano bambini e che ora portano i nipoti (un bambino per tutta la serata ha riso di gusto) a teatro.
E quando al primo atto – con scenografia classica di cortili, ballatoi e ringhiera – sono entrati i protagonisti il clima in sala si è scaldato: prima per Mabilia (Enrico Dalceri) la figlia zitella un poco allegra, poi per “il” Giovanni (Luigi Campisi) il padre ed infine – applausi scroscianti alla carriera – per l’ingresso, rigorosamente dopo aver tirato lo sciacquone del wc in cortile, per “la” Teresa (Antonio Provasio) madre e moglie, perno della famiglia («finché c’è tuo padre, comando io», dice) che brontola sempre per via del marito sempre brillo e noioso.
Subito si capisce di essere di fronte ad una compagnia che, se registra 180mila spettatori all’anno, ne ha ben donde. Il ritmo è indiavolato, una battuta dietro l’altra da non riuscire a riprendere fiato fra una risata e l’altra e quando la comicità è affidata alla mimica – in particolare quella di Luigi Campisi, capocomico, autore e regista – anche qui non si è esenti da un sussulto di buon umore. La trama è pressapoco questa: Mabilia ritorna a casa alle cinque e mezzo di mattino, quando in cortile sono già tutti in piedi, e dice di essere stata ad un corso di ipnosi regressiva (e da qui si sprecano le battute fra reincarnazioni e unghie incarnite).
Entra in scena Naga la maga che svela a Teresa che diventerà famosa come scrittrice e pure vedova quando la figlia diventerà madre. Il secondo atto si apre con una scenografia totalmente diversa: sullo sfondo la city life di Milano e... Teresa divenuta ricca per aver scritto un libro di cucina povera (ad esempio risotto all’ossobuco senza ossobuco), seguita dall’agente Lele Mòsina. La modernità è entrata in casa Colombo e Teresa è un’influencer – anche se lei è vaccinata e non crede di aver preso l’influenza! -, va a fare “scopping” (shopping) in via Montenapoleone, abita nell’appartamento inferiore a quello di Fedez «che ha i ragni sul braccio», deve rinunciare al suo dialetto durante le interviste («ma il dialetto è vita, è cultura lombarda») e, soprattutto, si avvia a coronare il suo desiderio: quello di diventare vedova. Ma è proprio così? O è stato un sogno? Il sipario si chiude e il trio se ne esce fuori. Tutto è tornato come prima, perché «dobbiamo mantenere vivo il cortile – dicono -, non dobbiamo perdere le tradizioni e, le cose belle, diciamocele guardandoci negli occhi».
Applausi a non finire e la promessa: si tornerà in due date a giugno, dall’anno prossimo ovviamente. Da tenere sott’occhio il sito internet e profilo Instagram degli Amici del Teatro Sociale per la prevendita dei biglietti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA