Piano per la Valmalenco. «Opere davvero utili?»

Dibattito Michele Comi sul progetto da 100 milioni: «Ci sono tante idee Ma non si sa come, quando e soprattutto perché si fanno certe cose»

Michele Comi, geologo, guida alpina e alpinista di Chiesa in Valmalenco la chiama “la rincorsa delle cose”. Quella «infatuazione per le mode - dice - per la quale alla fine prevale la convinzione generale che anche in Valmalenco “qualcosa si deve pur fare” per attirare turisti e visitatori. Perché l’esistente è concepito come insufficiente, quindi largo a pacchetti dove c’è dentro un po’ di tutto».

Perplessità

Il riferimento è al progetto di rilancio della Valmalenco che va sotto il nome di Iti, Investimento territoriale integrato, pacchetto di iniziative pubblico-private da 100 milioni di euro in sette anni, presentato a Spriana e a Chiesa, su cui Comi vuole vederci chiaro.

«Sono stato alla presentazione a Chiesa - dice - dove è pervenuto un nutrito elenco di cose da fare, anche se non si sa come, quando e soprattutto perché. Cioè, qual è il senso ultimo di tutta questa costruzione, quale la lettura dello sviluppo del territorio in senso turistico, che è alla base di questa progettualità e se veramente tutto questo può incidere e migliorare la vita di chi risiede in valle».

Su questi aspetti di fondo Comi non è convinto e anche se non demonizza il progetto, in attesa di capire meglio le sue declinazioni, mette due piedi avanti rispetto, in particolare, alla realizzazione della cabinovia fra Franscia e Dosso dei Vetti a Lanzada e alla “Ciclovia della Valmalenco”, l’anello di 106 chilometri in quota percorribile con e-bike.

«Si è parlato molto di progetto “smart”, di rigenerazione urbana e di ecosostenibilità - dice Comi - tutti concetti nobili e condivisibili in toto, non fosse che oggigiorno sono talmente abusati, da ricorrervi ogni qual volta si tratti di far passare iniziative sostenibili economicamente, come se fossero sostenibili ecologicamente, come dovrebbe essere. Non so se è questo il caso, però sono vigile, per non dire altro, quando constato che nel progetto è inserita la cabinovia Franscia-Dosso dei Vetti e sono vigile quando sento parlare di ciclovia della Valmalenco».

Su quest’ultimo punto, i sindaci Renata Petrella di Chiesa e Christian Nana di Lanzada hanno più volte sottolineato, in sede di presentazione, a Spriana, che si tratta di percorsi a basso e bassissimo impatto ambientale, ma per Comi non basta.

«Non siamo l’Alto Adige»

«Noi non solo arriviamo sempre dopo gli altri - osserva - cioè quando altrove hanno già introdotto certe novità e si sono anche resi conto di quello che non va nelle stesse, ma andiamo a copiare iniziative che non legano con il nostro territorio. Perché noi non siamo Livigno, né il Trentino o l’Alto Adige, cioè territori fatti di ampie vallate godibili a tutti con biciclette ed e-bike. Siamo una valle aspra, fatta di rilievi, dislivelli notevoli, di “crap” che ne fanno un “unicum”, ma che non permettono di goderla come si godono altre zone. Certo, ci sono dei tratti ciclabili, ma il “tutti dappertutto” non è possibile e non è neanche auspicabile, perché rischieremmo di portare in quota con le e-bike persone che poi in discesa rischiano di farsi male. E i dati 2021 del Soccorso alpino nazionale parlano chiaro».

I numeri riferiscono di un boom di incidenti in mountain bike e in e-bike, tali da provocare 1.279 interventi del Soccorso alpino, con una crescita del 15% rispetto al 2019. E in particolare gli interventi per incidenti su e-bike rappresentano il 12% del totale delle richieste di soccorso, seconde solo all’escursionismo, che impatta per il 48% sui soccorritori.

«Dobbiamo dare più valore e significato al territorio che è un pezzo della nostra storia - conclude Comi -. É una montagna difficile, fatta per andare a piedi e non per tutti. Non c’è spazio per un turismo di massa, non è la riviera romagnola e a Campo Moro e Chiareggio d’estate c’è già l’invasione delle auto. Va fatto un discorso di micro manutenzione diffusa dei sentieri esistenti, per renderli il più possibile fruibili, ma senza smussare angoli e spianare tracciati, anche se di poco».

«Ogni angolo, ogni pietra, sono la nostra storia, perché posati da chi ci ha preceduto ed aveva più senso del limite e della montagna, di noi».

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