Cronaca / Sondrio e cintura
Lunedì 12 Agosto 2024
Ospedale di Sondrio, «vi porto tutti
sul mio... traghetto»
Riproponiamo sul nostro portale la lettera di una lettrice pubblicata sul quotidiano La Provincia di Sondrio
«Cara Provincia, è stata una felice giornata di primavera a traghettarmi sull’isola delle sofferenze, senza avvisare, e senza che io potessi intravedere l’angoscia che mi attendeva. È cosi che nel lungo tempo trascorso in reparto, ho conosciuto il personale in servizio in medicina ed ematologia dell’ospedale di Sondrio.
Sono i dottori, le dottoresse, le oss, e gli infermieri che hanno accolto con le loro mani tutta la mia disperazione, mesi fa e ancora adesso, in questi giorni di caldo torrido e di festa, dove tutti sono altrove e le arroventate vie della città sono deserte. Ma nel reparto li trovi sempre, giorno e notte indaffarati, instancabili, e con i minuti contati ti danno del tu come fossi un figlio. C’erano ai tempi del covid e ci sono ancora, se ci fossimo dimenticati, anche per le malattie bruttissime come la mia, e vivono ogni tuo dolore, lo trasformano in una indagine, in qualcosa che possa stimolare il tuo appetito o un tenero pensiero come quello delle tue pulizie, come vorresti ma non puoi più, mentre chiudono la porta ed affrontano le tue paure, la tua intimità e le tue notti insonni, le tue speranze di riuscire un giorno a rivedere i colori delle montagne fuori da quella finestra.
È l’ospedale di Sondrio, dove leggiamo spesso cieche polemiche insensibili alle condizioni e le risorse con le quali convivono e lottano queste persone che sanno ancora fare la differenza. Siamo tutti consapevoli che può succedere, speriamo di no ma poi succede, e i miei giorni sono entrati in quella stanza, per la prima volta nella mia vita, per scoprire cose che non sapevo e la spietata verità della malattia. E se sono tornata a casa è grazie a tutti loro, dal primo all’ultimo, sono con me tutti i giorni, mentre mi porgono qualcosa di buono che non riesco a mangiare per sopire l’interminabile sofferenza, oppure passano per la millesima volta dal corridoio dedicandoti due parole di conforto.
È cosi che duramente sto risalendo la china, pensando che forse ce la faccio, che loro ce l’hanno messa tutta e io non posso mollare. Ma lo voglio scrivere qui, perché non siamo tutti uguali, e ci vorrebbe molto più di un semplice grazie. Ma il mio viene dal cuore...dove vi porto tutti, ogni giorno in cui salgo sul traghetto della sofferenza».
Monica
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