I resti mortali del Beato Nicolò Rusca, sotterrati in fretta e furia sotto il patibolo di Thusis dai suoi carnefici il 4 settembre 1618, continuano oggi a essere esposti alla venerazione dei fedeli nella collegiata cittadina, all’interno dell’altare. Sul quale ieri sera don Christian Bricola, successore di Rusca in quanto arciprete di Sondrio, ha presieduto la Messa nella ricorrenza liturgica del martire.
Alla celebrazione, animata dalla corale cittadina - intitolata proprio al Rusca - e da quella di Morbegno, sono intervenuti anche diversi sacerdoti a concelebrare. Tra loro, oltre a quelli della Comunità pastorale cittadina, anche il nuovo direttore dell’Istituto salesiano, don Emanuele Cucchi, e i sondriesi don Alberto Erba, padre spirituale del Seminario diocesano, e don Francesco Orsi, vicario parrocchiale a Olgiate Comasco.
Durante l’omelia, partendo dal bravo evangelico in cui Gesù guarisce la suocera di Pietro, don Bricola ha detto di aver pensato a quell’episodio in cui il Rusca andò a trovare un’anziana malata e si trovò assieme al pastore riformato, quindi cominciarono a discutere di Chiesa, Papa e verità di fede. Per poi tornare sul brano e sottolineare «la grande bontà di Gesù che esce della sinagoga, luogo di Dio, ed entra in una casa, che è il luogo degli affetti e delle relazioni. Ed è bello - ha aggiunto - questo Dio che esce dalla sua casa per entrare in relazione con noi».
L’arciprete ha poi ricordato che, una volta guarita, la suocera di Pietro si mette a servizio dei presenti, «perché quando si sta bene fisicamente e spiritualmente ci si mette a servizio degli altri». Invitato poi nuovamente a pensare a «Gesù che si è chinato fisicamente su questa donna per guarirla», ha ricordato che anche «il Beato Nicolò si è chinato, con piccoli gesti ma con costanza, sulle persone che erano malate, che si erano un po’ perse per strada. Prima di tutto sui preti: si è dato da fare per incoraggiarli e sostenerli e alla fine del suo ministero a Sondrio aveva intorno un bel gruppo di bravi sacerdoti».
Don Bricola ha richiamato anche lo zelo pastorale del Rusca, 406 anni dopo il martirio. «Andava avanti e indietro per Sondrio e su e giù per la Valmalenco, curando le persone con le medicine che aveva: l’annuncio della Parola e la celebrazione dei sacramenti».
Dall’arciprete è giunto anche l’ammonimento a non volersi mettere «subito a imitare il Rusca», perché «prima dobbiamo fare un passo indietro e riconoscere di essere malati, per chiedere al Signore di guarirci dalla nostra pigrizia e dal volere una vita comoda».
Tornando al brano di vangelo proclamato, don Bricola ha sottolineato che «Gesù, al termine della giornata, riesce a capire cosa sia necessario fare stando in preghiera». E «anche il Rusca, nella sua vita di parroco - ha detto - ha capito cosa fosse necessario: studiare per dialogare coi protestanti, andare a trovare la gente ed entrare nelle case, rimanere a Sondrio anche quando ha capito di rischiare la vita». Da qui l’invito ai parrocchiani a invocare il Beato Nicolò «per chiedergli, nella preghiera a Dio, di aiutarci a capire cosa fare adesso nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei nostri oratori e nelle nostre comunità».
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