Cronaca / Sondrio e cintura
Giovedì 08 Ottobre 2015
«Le vaccinazioni in calo». Sono dati che preoccupano anche in Valle
Lorella Cecconami, direttore sanitario dell’Asl, commenta i numeri. «Oggi i genitori, soprattutto italiani, hanno perso la percezione del rischio»
«Al momento in Valtellina e Valchiavenna siamo ancora in zona di sicurezza rispetto al ritorno di malattie da anni scomparse come la polio, la difterite, il morbillo, la rosolia o la parotite. Però, focolai di tali malattie non potranno essere a lungo scongiurati, in presenza di un lento ma costante calo delle vaccinazioni».
Parola di Lorella Cecconami, direttore sanitario dell’Asl di Sondrio che, al pari di tutti i suoi colleghi attivi su questo fronte a livello nazionale, è costretta a fare i conti con una preoccupante tendenza a non vaccinare i bambini, imperante soprattutto fra i genitori più giovani.
«I genitori di oggi, mi riferisco soprattutto a quelli italiani, perché gli stranieri contrariamente a quanto si possa pensare rispondono bene ai richiami alle vaccinazioni dei loro piccoli – precisa Cecconami –, non hanno mai visto un caso di polio o di difterite. Proprio per questo hanno perso la percezione del rischio della malattia che sentono remota, improbabile. Questo li induce a non sottoporre i loro piccoli a vaccinazione, tanto più considerati gli effetti deleteri che esercitano su di loro i movimenti antivaccinazione che imperano on line. Invece, vaccinare i bambini è di fondamentale importanza per proteggerli dal rischio di un’epidemia, che di questo passo prima o poi avremo».
Nessun allarmismo, si affretta a precisare Cecconami, «però è innegabile - sottolinea – che i dati riferiti dall’istituto superiore di Sanità, che parla di una diminuzione di 4 punti percentuali rispetto al 2013 a livello nazionale della copertura per morbillo, parotite e rosolia, passata dal 90,3 all’86,6%, devono indurci a prendere provvedimenti».
Non è che a livello locale la tendenza sia altra. «Si parla di percentuali di adesione alle vaccinazioni più alte della media nazionale – dice Cecconami -, comunque è identica la tendenza a non vaccinare. Prendiamo il caso della copertura vaccinale non obbligatoria ma raccomandata proprio per morbillo, parotite e rosolia, prima dose, che si somministra fra il 12° e il 15° mese di vita».
«Fatta al 95% la soglia di vaccinazione sotto la quale non si dovrebbe andare stabilita a livello regionale, ebbene se nel 2012 eravamo al 95,4%, eravamo scesi al 93,7% nel 2013 e lo scorso anno abbiamo toccato il 91%. Tiene, invece, il dato riferito alla seconda dose di tale vaccino, che si somministra fra il 5° e il 6° anno di vita. Nel 2012 eravamo al 94,4%, nel 2013 al 93,2 e lo scorso anno siamo leggermente saliti al 93,3%, su una soglia regionale del 90%».
Percentuali di vaccinazione più elevate, al 96%, ma in calo rispetto agli anni precedenti, il 2013 e il 2012, si registrano anche su altri fronti, quello riferito alla somministrazione del vaccino Esavalente, cioè attivo contro sei tipi di malattie (polio, difterite, tetano, pertosse, epatite B, Hib-antiemofilo), nonché quella riferita alla quarta dose di antipolio.
«Fatta sempre al 95% la soglia decisa a livello regionale, nel primo caso quello dell’Esavalente – spiega Cecconami - siamo passati dal 97,8% di copertura nel 2012, al 97,1 nel 2013, per scendere al 96% lo scorso anno. Anche nel caso della sola antipolio, quarta dose, quella che si somministra al 5-6° anno di vita siamo scesi dal 97% del 2012 al 96,5 del 2013, al 96% dello scorso anno. È innegabile, quindi, che siamo ancora in soglia, ma è altrettanto innegabile che siamo in discesa».
Tale andamento preoccupa alquanto il direttore sanitario, perché «più si abbassa la soglia di vaccinazione e più si rischia la ricomparsa delle malattie. Ed è vero – ricorda – che il bambino non vaccinato gode dell’immunità di gregge, ovvero è protetto dal fatto di vivere dentro un contesto fatto dalla maggioranza dei bambini vaccinati, ma è altrettanto vero che più le percentuali di vaccinazioni diminuiscono e più cala l’immunità di gregge, soprattutto questa viene meno quando i bambini vengono portati fuori, all’estero, per vacanza o per altri motivi in ambienti meno protetti, dove possono contrarre la malattia. Inoltre bisogna tener conto anche del contatto con altri bambini e adulti che arrivano da noi da paesi stranieri».
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