L’anno dei ghiacciai: da Legambiente un grido d’allarme

Natura Sos dall’associazione dopo la “Carovana” 2024. La neve di marzo è stata bruciata dalle alte temperature. «Dodici mesi difficili e dal segno meno per le riserve»

«Dopo gli anni critici del 2022 e del 2023, segnati da gravi perdite di massa glaciale non solo sul versante meridionale dell’Arco alpino, il 2024 non ha purtroppo portato il miglioramento sperato. Le elevate temperature registrate in agosto hanno annullato i benefici dell’abbondante neve primaverile: sui piccoli ghiacciai a quote più basse o nei settori sotto i 3.000 metri, la neve è rapidamente scomparsa, lasciando tracce solo alle altitudini maggiori».

Visibile a Livigno la degradazione del permafrost con colate di detriti nel fondovalle

È questa l’amara considerazione che si legge nel report finale de “La Carovana dei ghiacciai 2024”, campagna di sensibilizzazione sullo stato di salute dei giganti bianchi arrivata alla quinta edizione, su iniziativa di Legambiente e - tra gli altri - del Comitato glaciologico italiano e di Cipra, la Commissione internazionale per la protezione delle Alpi.

Il punto

«Si è registrata un’intensa fusione estiva che, esaurite le riserve di neve, ha iniziato a intaccare direttamente il ghiaccio, portando ancora una volta a bilanci di massa negativi. A peggiorare ulteriormente la situazione, gli strati di sabbia sahariana depositati da alcune perturbazioni primaverili hanno ridotto l’albedo della neve, favorendo un maggiore assorbimento delle radiazioni solari e accelerando il processo di fusione».

Insomma, nemmeno in un anno contraddistinto - finalmente - da un’abbondanza di precipitazioni, la situazione in quota pare essersi salvata. A pesare sul precario stato di salute dei ghiacciai alpini una crisi climatica che nel 2024 ha accelerato il passo, con caldo record e zero termico in quota in grado, appunto, di annullare i benefici delle nevicate tardive di questa primavera; oltre a 49 eventi meteo estremi registrati nei dodici mesi appena passati nella sola Lombardia.

Chissà, dunque, come andrà in questo 2025, nel bel mezzo di un inverno decisamente siccitoso (e il panorama in provincia ne è la conferma, con settori di montagna tutt’altro che imbiancati). E pensare che quello in corso è proprio l’«Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai», come stabilito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite: una scelta - questa - che mostra una presa di consapevolezza della realtà e, di conseguenza, una volontà di agire nel concreto per arginare gli scenari più drammatici cui stiamo assistendo negli ultimi decenni.

Tornando all’anno passato, «in sintesi, sebbene i ricercatori segnalino che i bilanci di massa dei ghiacciai siano quasi ovunque negativi, essi risultano “moderatamente” anziché “decisamente” o “fortemente” negativi, nonostante un’estate climatica paragonabile a quelle del 2022 e del 2023. Il rischio di un nuovo disastro è stato scongiurato solo grazie agli accumuli nevosi primaverili», spiegano da Legambiente.

«I cambiamenti climatici in corso - si legge sempre nella presentazione del bollettino dopo la “Carovana” 2024 -, oltre a determinare un aumento della temperatura media globale, stanno provocando significative variazioni nell’intensità e nella frequenza delle precipitazioni, sia solide che liquide. Questo fatto comporta un aumento di eventi estremi, con ripercussioni sulla criosfera, in termini di fenomeni instabilità».

Un esempio significativo in tal senso «è quello del rock glacier di Livigno, dove la degradazione del permafrost al suo interno ha provocato, l’estate scorsa, una serie di colate di detrito. Questi fenomeni si sono verificati in assenza di piogge, ma hanno comunque raggiunto il fondovalle, evidenziando l’impatto diretto dei cambiamenti climatici su queste delicate forme del paesaggio periglaciale».

I fenomeni

Nemmeno la provincia di Sondrio, dunque, può dirsi estranea a questo tipo di fenomeni che - più o meno lentamente - stanno mutando l’aspetto dei nostri paesaggi. E non è un caso se Legambiente, nel proprio itinerario estivo sulle Alpi italiane, sia passata ben due volte nel nostro territorio.

Dapprima, la tappa al Ghiacciaio dei Forni, nel Bormiese, secondo ghiacciaio delle Alpi italiane per estensione dopo quello dell’Adamello: proprio qui è stata inaugurata la quinta edizione della “Carovana”. E poi, alla fine di agosto, la salita al Fellaria, in alta Valmalenco, dove un lago di dimensioni sempre maggiori sta prendendo il posto del ghiaccio.

«La perdita di massa che stanno subendo tutti i ghiacciai dell’Arco alpino – dichiara Valter Maggi, presidente del Comitato glaciologico italiano – ha portato alla scomparsa di numerosi piccoli ghiacciai, specialmente nei massicci montuosi a minore quota. Questa perdita sta modificando in modo drammatico il paesaggio montano, la disponibilità della preziosa riserva d’acqua, andando a impattare sulle comunità locali già colpite dai cambiamenti climatici».

© RIPRODUZIONE RISERVATA