Cronaca / Sondrio e cintura
Lunedì 24 Ottobre 2022
«La sovranità alimentare? Un fatto positiva»
L’intervento Dopo le perplessità e i timori sulla decisione del governo di rinominare il ministero dell’Agricoltura. Giacomo Mojoli: «Non ha senso preoccuparsi, non è sovranismo o autarchia, è salvaguardia dei nostri prodotti»
Il fatto che il ministero delle politiche agricole retto da Francesco Lollobrigida abbia cambiato dicitura trasformandosi, nell’era Meloni, in ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, ha colto di sorpresa - nel bene e nel male - i vertici delle categorie produttive di casa nostra, molto legate ad un settore traino per noi qual è l’enogastronomia, ed alimentato più di un dubbio relativamente all’accezione introdotta. Al fatto che possa rifarsi ad un’autarchia alimentare considerata, ormai, del tutto fuori dal tempo.
Tranquillizzante
«Preoccuparsi di simili derive non ha alcun senso, a mio avviso, in questa fase, perché la sovranità alimentare nulla ha a che vedere con il sovranismo, con l’autarchia, peggio, con il nazionalismo alimentare - osserva Giacomo Mojoli, lecchese, fra i soci fondatori del movimento internazionale “Slow Food”, e molto vicino al mondo del vino e delle eccellenze alimentari valtellinesi e valchiavennasche -. Solo nel caso in cui il tutto dovesse declinarsi in una logica campanilistica, di chiusura dei mercati e delle produzioni, allora sì che dovremmo preoccuparci, ma non credo sia questo il caso».
Mojoli invita a restare sul tema e a considerare il richiamo al sovranismo alimentare per quello che «è sempre stato negli anni - dice - fin dai primi movimenti contadini sorti in Sudamerica allo scopo di affrancarsi da logiche prevaricatrici e da una globalizzazione schiacciante delle produzioni, fatto proprio dalla Fao, e che nulla ha a che vedere col sovranismo. Si tratta, semplicemente, di riportare al centro l’attenzione verso i territori, le loro modalità di produzione, le loro tradizioni agricole, dando il giusto risalto alle stesse. Nulla più. Non ci sono obiettivi oscuri di chiusura, di involuzione dei mercati, perché sappiamo tutti, e lo sanno anche coloro che, oggi, si dicono preoccupati di questo richiamo al sovranismo alimentare, che è un prerequisito dei mercati il fatto di essere aperti agli scambi. E di restarlo, sia a livello nazionale sia a livello internazionale, ci mancherebbe».
Sedici anni fa
Mojoli, del resto, ricorda che lui stesso, nel 2006, quando era vice presidente internazionale di Slow Food, aveva chiesto attenzione al tema delle produzioni locali «e in un convegno ad hoc - ricorda - in un contesto internazionale avevo proposto di rafforzare il raggio d’azione del ministero dell’Agricoltura aggiungendo i termini “e della cultura e dell’alimentazione”. Il senso era identico a quello che si vuole, oggi, parlando di sovranità alimentare e invito a non fossilizzarsi sul termine “sovranità” come avesse un’accezione negativa. Non è su questi sofismi che dobbiamo concentrarci, ma sulla valenza della nostra cultura alimentare e sulla necessità di salvaguardarla».
Evoluzione
Giacomo Mojoli, quindi, vede positivamente il cambio di passo inferto da Giorgia Meloni al tema dell’agricoltura e, anzi «mi dico esterrefatto - aggiunge - nel constatare come un tema così importante come quello di cui si discute, venga sollevato in una logica di contrapposizione ideologica, direi quasi polemica. Non ne vedo il motivo al momento, salvo controllare che il concetto venga declinato in modo giusto nella pratica delle azioni governative che verranno messe in campo».
Mojoli si spinge anche oltre: «Se non fosse stato introdotto il concetto di sovranità alimentare affiancato al termine “agricoltura” - dice - forse oggi nessuno sarebbe qui a parlare di questo argomento. Sarebbe passato in secondo se non in terzo piano, come è sempre stato del tutto non considerato, quando invece il nostro sistema agro-alimentare ha un ruolo bandiera, cardine, nella nostra economia».
Insomma, per Mojoli ben venga tutta questa discussione, se serve ad accendere un faro potente su un settore fino ad ora, a suo avviso, non considerato come avrebbe dovuto.
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