Cronaca / Sondrio e cintura
Giovedì 02 Settembre 2021
Ferrata come nuova
al Marco e Rosa
Ricordando Tico
Lanzada Era stata danneggiata nel 2003 da una frana
È dal 2003, da quando una frana l’ha distrutta, che la ferrata classica risalente agli anni ’35-40 del secolo scorso, che da sotto la direttissima al Bernina risale in diagonale la parete, attendeva di essere riportata gli antichi fasti.
Stanco di vederla in quello stato, Giancarlo Lenatti detto “Bianco”, 64 anni, di cui gli ultimi 23 trascorsi a 3.609 metri sul Bernina, a custodia del rifugio “Marco e Rosa De Marchi - Agostino Rocca”, di proprietà del Cai Valtellina di Sondrio nel territorio di Lanzada, ha deciso di mettervi mano. Ha coinvolto nell’operazione un gruppo di fedelissimi dell’alta quota, amici intimi di Enrico Olivo detto “Tico”, alpinista di grande fama scomparso tragicamente, in montagna, il 6 agosto del 2015, quando aveva 58 anni.
L’operazione si è svolta la scorsa settimana, in quattro giorni, tutta a spese dei realizzatori.
La tragedia
«Abbiamo fatto tutto da soli, io, il “Mulo”, il “Conca”, Matteo, Mattia, Michelangelo, Francesco, e Fabrizio (che di cognome fa Mauri, ed è il figlio del titolare dell’allora Engeco, oggi Ecoval, ditta per la quale il “Tico”, lavorava) - dice Bianco Lenatti - decisi a rimettere a nuovo la ferrata in quattro giorni, e a farlo in onore e in memoria del nostro amico “Tico”. Glielo dovevamo perché era uno di noi, una persona speciale, morto sul lavoro, in circostanze che non siamo mai riusciti a comprendere fino in fondo, mentre stava attrezzando un sentiero nel tratto dalla Capanna Porro fino in cima al Torrione».
Al termine del lavoro, Tico era risalito per riprendere lo zaino deposto sopra una “cengia” e da lì, incredibilmente, è precipitato per una cinquantina di metri senza che nessuno sia mai riuscito a capire cosa sia successo. Lui che era con la montagna un corpo ed un’anima sola, e che anni addietro aveva aperto vie epiche in Val di Mello.
«Ora in suo ricordo c’è la “Ferrata Tico”, che conduce, dalla “direttissima” al rifugio - dice Bianco - e che, insieme all’altra ferrata già esistente, rappresenta una doppia opportunità di raggiungerci. Il mio obiettivo è quello di realizzare un anello a senso unico, per raggiungerci, in modo da salire da una ferrata e scendere dall’altra. In questo modo il transito sarebbe molto più sicuro e si eviterebbe il pericolo di movimentare sassi, anche piccoli, che possono ferire gli alpinisti sottostanti».
«Spero di farlo in un futuro non lontano - aggiunge - perché io nel giro di poco vorrei proprio cedere il passo a qualche baldo giovane gestore».
Lavori con il cuore
«Il materiale, 700 metri di catene, i chiodi, i fittoni, i tasselli - dice Bianco - ce li ha forniti Ecoval, mentre io ho pensato al vitto, all’alloggio e ai voli con l’elicottero Elitellina per portare il materiale in quota e per riportare a valle e smaltire la vecchia ferrata. Nulla è rimasto in quota a deturpare l’ambiente. Ora è tutto perfetto e siamo molto soddisfatti. Non abbiamo voluto chiedere niente a nessuno, perché abbiamo agito col cuore, pensando al nostro amico “Tico”, poi se qualcuno, vorrà contribuire sarà ben accetto».
Intanto, lui, il Bianco, in questi giorni solo col suo cane Cuma, stupendo esemplare di lupo cecoslovacco, guarda speranzolo all’ultimo scorcio di estate. «L’alta quota - dice - non è mai stata più bella di così negli ultimi trent’anni, però, dal 10 luglio al 10 agosto, non abbiamo visto un’anima a causa del maltempo. Spero che il settembre, complice il bel tempo, ci ripaghi, almeno parzialmente, di quanto abbiamo perso».
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