Cronaca / Sondrio e cintura
Giovedì 25 Gennaio 2018
Crosio e le tante ombre del Moby Prince
«Riscritta tutta la storia del disastro»
La commissione di cui fa parte il valtellinese: tanti potevano essere salvati. «Da quando faccio politica questa è stata la giornata più emozionante e gratificante».
«Da quando faccio politica, questa è senza dubbio la giornata più emozionante e più gratificante che ho vissuto». È commosso il senatore Jonny Crosio al termine dell’incontro alla sala Zuccari del Senato, a Palazzo Giustiniani a Roma, nel quale la commissione parlamentare di inchiesta incaricata di fare piena luce sul disastro del Moby Prince ha illustrato la propria relazione conclusiva.
Dopo quasi 27 anni emerge la verità o, quantomeno, una verità completamente diversa da quella delle carte processuali e dalle inchieste penali svolte nell’immediatezza dei fatti. Per esempio, secondo la commissione presieduta dal senatore del Pd Silvio Lai, non è vero che quella sera ci fosse nebbia. Così come risulta che la petroliera Agip Abruzzo che si scontrò contro il traghetto Moby Prince non dovesse trovarsi lì in quel momento. Soprattutto però non sarebbe vero che le vittime, 140 in tutto, fossero morte entro mezz’ora dall’impatto. In pratica, avrebbero potuto essere salvate.
Due anni di lavoro (la commissione si è riunita per la prima volta nel novembre del 2015), centodieci riunioni e settanta audizioni: sono soltanto alcuni dei numeri che fotografano l’attività svolta dall’organo del quale ha fatto parte, fin dalla sua costituzione, il senatore leghista Crosio, valtellinese come pure tre delle vittime.
«Poco prima dell’incontro pubblico, a mezzogiorno, abbiamo anticipato le nostre conclusioni ai rappresentanti delle associazioni dei parenti delle vittime e ci hanno ringraziato - dice Crosio -. Di fatto è stata riscritta la storia dell’intera vicenda, che peraltro è la più grave strage di trasporto marittimo che si sia mai verificata in Italia».
Da un lato la soddisfazione per il risultato ottenuto, dall’altro la tristezza che non può non accompagnare una tragedia costata la vita a 140 persone. «Durante tutte le sedute sapevamo benissimo che stavamo lavorando a un tavolo con tante sedie vuote, quelle delle persone scomparse - ancora il parlamentare -. Forse anche per questo tutti i membri della commissione hanno sempre mostrato la massima coesione e nessuno ha mai accennato a mischiare le questioni politiche con i fatti dell’inchiesta, le cui conclusioni sono state votate all’unanimità. Ma gran parte del merito va agli uomini della Guardia di Finanza e ai reparti speciali dei Carabinieri: hanno fatto un lavoro straordinario».
La rilettura dell’intera vicenda da parte del senatore della Bassa Valle presenta aspetti fortemente drammatici. Commentando le inchieste penali svolte a suo tempo dalla Procura di Livorno, Crosio parla apertamente di «depistaggi che hanno coperto le responsabilità della petroliera dell’Agip, i ritardi nei soccorsi e le lacune nei primi atti dell’inchiesta».
La lezione del passato, per quanto dolorosa, deve quantomeno servire per il futuro. «Auspico che non ci si fermi qui e che si riapra il caso - dichiara l’architetto e politico valtellinese -. Non solo, ma si è capito che per le inchieste che riguardano casi straordinari come questo la magistratura non può essere lasciata da sola allo sbando come è successo in questa occasione, ma si deve procedere in modo da andare ben oltre la semplice indagine penale. Non solo, ma mi attiverò coinvolgendo anche il leader del mio partito, Matteo Salvini, perché si arrivi alla costituzione di commissioni bilaterali a carattere internazionale per poter avere accesso ad alcuni atti che altrimenti non sono disponibili. Mi riferisco, per esempio, alle rilevazioni fatte dagli Stati Uniti che sono coperte da segreto militare e che avrebbero potuto chiarire subito molti aspetti della vicenda».
La tragedia risale alla sera del 10 aprile 1991. Nel porto di Livorno, il traghetto Moby Prince si scontrò con la petroliera Agip Abruzzo. Morirono 140 persone. Tra queste anche i valtellinesi Sergio Belintende e Giorgio Gianoli di Sondrio e Carlo Ferrini di Chiuro. Si salvò solo il mozzo Alessio Bertrand, che è stato ascoltato dai membri della commissione d’inchiesta di cui fa parte anche il senatore leghista valtellinese Jonny Crosio che ha concluso i suoi lavori lo scorso dicembre.
Il Moby Prince aveva mollato gli ormeggi alle 22,03 dal porto di Livorno, mezz’ora più tardi era già una palla di fuoco alla deriva nella rada del porto toscano, una bara galleggiante. Nessuno, però, per quasi un’ora si accorse di ciò che avveniva a bordo. Alle 22,36 Renato Superina, comandante della petroliera Agip Abruzzo, contro la quale era finita la prua del Moby, lanciò l’allarme per un incendio a bordo dopo la collisione con una bettolina.
A Livorno, chi pensò al Moby, lo immaginò ormai diretto ad Olbia, con al timone il comandante Ugo Chessa, e i soccorsi si concentrarono sull’Agip. Solo per caso alle 23,35 due ormeggiatori si avvicinarono al traghetto in fiamme e così venne scoperta quella che sarà la più grave tragedia della marina mercantile italiana dalla Seconda Guerra mondiale. Il solo superstite, Alessio Bertrand, aggrappato al bordo del Moby fu salvato dagli ormeggiatori.
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