Cronaca / Sondrio e cintura
Lunedì 17 Dicembre 2018
«Credito Valtellinese solido, ora dobbiamo creare valore»
Il presidente del gruppo, Luigi Lovaglio, spiega le linee guida del suo lavoro. Recupero di efficienza e tornare a essere banca di riferimento sul territorio. «Senza il radicamento non si cresce, puntiamo su uno sviluppo sostenibile».
Creazione di valore, trasparenza e maggiore efficienza, sono questi i capisaldi dell’azione del consiglio d’amministrazione del Credito Valtellinese spiegati dal presidente del gruppo bancario, Luigi Lovaglio, giovedì nella sede di palazzo Sertoli. A capo della banca dal 15 ottobre, ha da subito scritto ai dipendenti per presentarsi e per spiegare le strategie da mettere in campo. Un primo fondamentale passo del percorso di rilancio dell’istituto bancario, uscito da un aumento di capitale di dimensioni considerevoli e dal radicale cambiamento della base societaria. Ha parlato per primo ai dipendenti, perché come sottolinea, «sono il vero valore, il brand della banca, conoscono il territorio e ne possono meglio di chiunque altro interpretare i bisogni e le richieste». Forte di una quarantennale esperienza bancaria, Lovaglio sa esattamente che peso hanno le parole. E quando spiega che la banca dovrà creare valore, lo dice guardandoti dritto negli occhi. Come quando ammette di avvertire «il dispiacere che non si sia riusciti in passato a preservare il valore della banca e dei risparmi investiti nelle sue azioni». Quasi con un atteggiamento di scuse, benché sia arrivato dopo.
Presidente Lovaglio nei due mesi dall’insediamento ha avuto modo di prendere visione dello stato del gruppo. Quali sono i punti di forza e quali le debolezze del Credito Valtellinese?
«Il Credito Valtellinese sta molto bene, è una banca in salute. È stato fatto un importante aumento di capitale che l’ha resa più solida. Il Creval è un motore molto importante per lo sviluppo di questo territorio. È chiaro che questa è la zona su cui ci vogliamo concentrare, perché il territorio è a sua volta fondamentale per lo sviluppo della banca. Come ho scritto in una lettera inviata ai dipendenti, lo statuto della banca parla di valorizzazione del territorio, stimolo e sostegno alle attività produttive, specie quelle minori. Difficile trovare una definizione più chiara, non si crea valore se non sei radicato. La prosperità di una banca è strettamente correlata alla prosperità delle famiglie e alla prosperità delle imprese del suo territorio. Sotto questo profilo le competenze espresse dal nuovo Cda rafforzano un concetto di governance chiaro e trasparente che supporta appieno il perseguimento di questa missione. I padri fondatori centodieci anni fa, nel 1908, hanno fissato questi principi. I presupposti ci sono tutti, abbiamo una governance competente, una realtà locale che ci aiuta, è forte, lo dicono i dati economici. Non nascondo che, d’altro canto, c’è ancora la necessità di affinare qualche attività e rimuovere qualche ostacolo, qualche processo è da semplificare. Abbiamo una voglia enorme di fare e una qualità molto alta del personale, perché alla fine ciò che conta è proprio questo aspetto. Se in filiale va un imprenditore, un pensionato, una famiglia, la banca per loro è la persona che hanno davanti e di cui si fidano, con cui instaurano la relazione. In questa misura i dipendenti incarnano i valori della banca. Per tutto questo non c’è motivo di dubitare che il focus sarà sullo sviluppo del territorio».
Quali le azioni su cui la banca punta per riallacciare i rapporti con il territorio?
«Facilitare l’accesso al credito è il punto di partenza. La Valtellina ha un buon livello di risparmio. La banca è un intermediario tra chi ha i soldi e chi li chiede. E quando si eroga un finanziamento è importante tenere in considerazione la storia del cliente e il progetto. Occorre a volte andare anche oltre le sole valutazioni legate al rating. Quello che noi non finanzieremo mai saranno i progetti virtuali e le speculazioni finanziarie, per fare qualche esempio. Prestare i soldi in modo responsabile significa avere rispetto per i propri depositanti. Questo è un territorio che permette di generare valore per una banca focalizzata sulla sua attività primaria».
Proprio su questo punto, in Valtellina c’è un nodo di vecchia data che riguarda l’esposizione delle società degli impianti di risalita.
«Certamente quello degli impianti di risalita è un business particolare e per finanziarlo occorre un’attenta analisi e un’appropriata struttura del finanziamento. Oggi si dice che le banche facciano fatica a dare credito. Credo che per quanto ci riguarda siamo in una posizione privilegiata. Abbiamo capitale, voglia di crescere e contiamo su una qualità molto alta del personale, confidiamo di poter dare il giusto supporto alle imprese meritevoli».
Come si crea valore per la banca?
«Solo con una forte professionalità, rispetto del bene dei clienti e del bene dei dipendenti. C’è differenza tra utile e creazione di valore. L’utile è la ricerca del risultato a breve termine, quindi con una visione di breve periodo. La creazione di valore è la capacità di generare risultati in maniera continuativa e sostenibile. Fondamentale è operare avendo sempre chiari i valori su cui si fonda la banca. Anche in una situazione come quella attuale, in cui in Italia prevale l’incertezza, se ti ancori ai valori, non cadi anche se il vento è forte».
Si potrebbe, però, obiettare che il Creval non è più una banca popolare ma una società per azioni, che per caratteristiche punta a garantire dividendi, spesso senza curarsi del destino dell’impresa. Come si concilia questo con quanto detto finora?
«Non conosco direttamente il mondo delle popolari, ma conosco molto bene quello delle Spa. Credo che chi ha investito nella nostra banca condivida le strategie di realizzare risultati in maniera sostenibile. Fondamentale per questo è l’attività con le famiglie e le imprese. Nella banca che ho guidato in Polonia del gruppo Unicredit, Bank Pekao, un istituto da 18mila dipendenti, oltre 1.000 filiali, fino a 12 miliardi di euro di capitalizzazione di Borsa, gli investitori che compravano azioni erano di lungo periodo, ad esempio, i fondi pensione degli insegnanti o dei vigili del fuoco statunitensi o il governo di Singapore. La governance di una società per azioni aiuta a verificare costantemente che si proceda nella giusta direzione e se necessario vengano intraprese azioni correttive in modo tempestivo».
Come è stato l’approccio con la Valtellina?
«In questa prima fase mi sto concentrando sull’ascolto e sull’analisi. Ho avviato un dialogo con i dipendenti, contatti con le istituzioni, presto incontrerò altri clienti, gli artigiani, gli imprenditori, quelli che conoscono quanto sia difficile far crescere la propria azienda in maniera sana e mettere da parte dei risparmi».
Che ruolo avrà la Fondazione Creval nel nuovo contesto che si sta profilando?
«È semplice, la Fondazione fa bene alle famiglie? Fa bene al territorio? Tutto ciò che restituisce valore alla comunità locale verrà mantenuto e sviluppato».
Per raggiungere lo status di banca sostenibile quali sono i passi che intende perseguire?
«Bisogna partire dal presupposto che ogni cliente è importante per la banca. Quindi dobbiamo adeguare i costi alla capacità di generare ricavi. Badiamo bene, non sto parlando di tagli di costi, ma di gestione efficiente anche dei processi. Ad esempio, se per l’apertura di un conto corrente servono tante firme e moduli da compilare, si può snellire l’iter e recuperare efficienza. Questa è la gestione dei costi. Si risparmia carta e anche tempo. Tutti i risparmi che derivano da queste azioni di miglioramento possono trasformarsi in investimenti in innovazione, riduzione dei costi per i clienti e quindi benefici per il tessuto economico in cui operiamo e di cui facciamo parte. L’innovazione porta alla crescita e la crescita consente innovazione, è un circolo virtuoso».
Cosa pensa del futuro della banca. Ci sarà alla fine del processo di crescita una fusione o una acquisizione?
«Ora siamo concentrati sulla crescita organica, sviluppando lavoro con i nostri clienti, andando a recuperare quelli che ci hanno lasciato e accogliendo quelli nuovi che si affacciano sul mercato. Con questo cammino di crescita, la banca potrà avere più opzioni per rafforzarsi, a beneficio di tutte le parti: clienti, dipendenti, territorio e azionisti. E più forte sarà la banca, più facile sarà scegliere il partner giusto, che condivida la nostra filosofia e con cui dialogare alla pari. Comunque dovrà essere un’aggregazione che miri a valorizzare il territorio».
Cosa può dire del socio di maggioranza, Denis Dumont?
«È un imprenditore di successo che si è fatto da sé, è focalizzato sul concetto della sostenibilità dei risultati a medio termine e ritiene che questo investimento sia molto importante. Abbiamo condiviso fin dal primo incontro identità di vedute, così ho accettato questa sfida. È una persona con un carattere forte, ma anche semplice e, cosa che non guasta, connotata da una buona dose di umiltà».
Le azioni del Credito Valtellinese hanno una storia in Borsa molto difficile. Ma quanto incide la solidità della banca e quanto gli eventi esterni sull’andamento del titolo azionario?
«La priorità è avere il governo dei propri risultati, ciò significa sviluppare sempre di più l’attività tradizionale con le famiglie e le imprese radicate sul territorio. Così anche l’impatto di fattori esterni, come le variazioni dello spread, possono essere se non neutralizzati almeno contenuti. Sono fermamente convinto che siamo in una posizione privilegiata considerato il territorio in cui operiamo. Anche per questo possiamo rappresentare un buon investimento a lungo termine per gli investitori».
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