Cronaca / Sondrio e cintura
Venerdì 20 Agosto 2021
Chiareggio, un anno dopo la tragedia
l’inchiesta va ancora avanti
La Procura conferma che si sta ancora indagando dopo la tragica frana di un anno fa. Si attendono le perizie per stabilire eventuali responsabilità per la morte di una coppia e una bambina
«Il fascicolo non è chiuso. Tutto il materiale prodotto è al vaglio della magistratura, che richiede tempi consoni perché si tratta di perizie molto complesse». Lo sottolinea Stefano Latorre, sostituto procuratore della Repubblica di Sondrio, titolare dell’indagine avviata in conseguenza alla frana del Nevasco, a Chiareggio, in Alta Valmalenco, avvenuta il 12 agosto dello scorso anno, che travolse la Dacia Sandero su cui viaggiavano una coppia di Comabbio, Varese, Gianluca Pasqualone, 45 anni, e Silvia Brocca, 41, con Alabama Guizzardi, 10 anni, figlia di amici di Besnate, sempre nel Varesotto, e il loro figlioletto Leo, cinque anni appena, l’unico scampato alla tragedia.
Una frana imponente, modello “debris flow”, colata detritica di cui ormai sono piene le nostre valli alpine. Per questo, a un anno di distanza dal terribile evento, e a una settimana dalla sua commemorazione, avvenuta il 12 scorso alle 17.15 in piazzetta Roma a Chiesa in Valmalenco, era obbligata la richiesta al magistrato inquirente di un aggiornamento rispetto al decorso giudiziario della vicenda.
Stringatele sue parole. Nessun riferimento ad eventuali indagati, solo la conferma che l’inchiesta è tuttora aperta e che il suo ufficio è al lavoro perché ogni aspetto venga esaminato e controesaminato, prima di giungere a qualsiasi conclusione.
Riserbo anche dai legali nominati dai familiari di Gianluca Pasqualone, che risiedono ad Aprilia (Latina), avvocati Paolo Cacciapuoti di Napoli e Mauro Amoroso di Roma. «Non abbiamo novità, non ci sono noti al momento nuovi sviluppi - assicura Cacciapuoti - anche se massimo agli inizi di settembre intendiamo salire a Sondrio in Procura e presentare richiesta di accesso agli atti, in modo da documentarci rispetto al prosieguo dell’indagine».
Il loro obiettivo difensivo, dichiarato nell’imminenza della tragedia, quando erano saliti a Sondrio per un sopralluogo «è quello di contribuire a far piena luce su quanto accaduto e risalire alle circostanze in cui è avvenuta la morte dei nostri assistiti - sottolineano - appurando, in particolare, se lo stato dei luoghi poteva dirsi sicuro».
Per questo avevano nominato i loro periti di parte, Furio Romualdi, ingegnere e Gaetano Conforto, geologo, mentre Maurizio Robustelli Della Cuna aveva partecipato all’autopsia in veste di perito di parte.
Il punto nodale della questione, è questo: riandare al momento della tragedia, al grado di sicurezza del versante sovrastante il ponte sul Nevasco, un torrente innocuo in circostanze normali, impetuoso in circostanze eccezionali, e andare al livello di sicurezza garantito dal ponte che lo attraversa.
Aspetti molto delicati, perché da una parte occorre capire se lungo il versante era stato fatto tutto il possibile per contenere eventuali danni da distacco, sapendo che d’inverno da quel pendio si muovono regolarmente slavine capaci di investire il ponte, tant’è che il transito viene interdetto a priori e il guard rail tolto, per essere poi rimesso in primavera.
Dall’altro, occorre capire se e quanto questi interventi di pulizia, se effettuati (e pare di sì), abbiamo contribuito a contenere gli effetti del “debris flow”, o se una simile colata detritica, partita molto in alto, ai piedi della Sassa di Fora, per rinvigorirsi cammin facendo lungo i 1000 metri di dislivello, potesse essere in qualche modo contenuta.
Al riguardo, determinante per la Procura sarà la perizia stesa dal tecnico di parte, nominato nella persona del geologo Maurizio Azzola, che del “debris flow”, ha fatto motivo di studio.
Elisabetta Del Curto
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