Bps, lettera aperta del fondatore di Seval: «Deve restare banca del territorio»

Nel dibattito sul futuro della Banca popolare di Sondrio, si alza la voce di un’imprenditore. Un’accorata lettera aperta di Roberto Ardenghi, presidente di Seval, azienda di Colico specializzata nel recupero di materiali pregiati sulla futura identità della Banca Popolare di Sondrio. In un momento cruciale per il sistema bancario locale, gli imprenditori si mobilitano per difendere quella che considerano non solo una banca, ma un pilastro della comunità e dello sviluppo economico del territorio.

«La Banca Popolare di Sondrio - spiega Ardenghi nella sua lettera - è da sempre più di un istituto di credito. Nata e cresciuta con le comunità della Valtellina e delle province limitrofe, si è distinta nel tempo per una gestione attenta al rapporto umano e alla fiducia, privilegiando la conoscenza diretta delle persone rispetto alla freddezza dei numeri».

Come evidenziato nella lettera di Ardenghi, la Bps ha sostenuto innumerevoli imprenditori, artigiani e famiglie anche nei momenti più difficili, quando altre banche preferivano chiudere le porte. Questa prossimità al territorio è stata la sua forza, il suo tratto distintivo rispetto agli istituti di credito orientati esclusivamente ai bilanci e agli algoritmi di valutazione finanziaria.

«Non è una banca qualsiasi – scrive Ardenghi – è un’istituzione nata dalla nostra terra, modellata dalla nostra gente, cresciuta con il lavoro e la fiducia di generazioni. È stata più banca e meno finanza, più comunità e meno speculazione».

Oggi la Banca Popolare di Sondrio si trova di fronte a una proposta di fusione con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, una prospettiva che per molti rappresenta un rischio per l’autonomia e il radicamento territoriale dell’istituto.

Secondo Ardenghi questa operazione non riguarda solo il lato economico, ma coinvolge l’identità stessa della Bps. Il timore è che, in nome della razionalizzazione e dell’efficienza, venga disperso quel patrimonio di relazioni, fiducia e sostegno alle imprese locali che ha sempre caratterizzato la banca.

«Accettare una trasformazione basata solo su logiche di razionalizzazione significherebbe tradire la nostra identità e svendere ciò che ci rende unici», si legge nella lettera. «L’economia non è fatta solo di numeri, ma anche di reciprocità e relazioni umane, un principio che da sempre ha guidato la Bps nelle sue scelte strategiche».

Per gli imprenditori e i piccoli azionisti, il rischio più grande è che la fusione porti a una standardizzazione del sistema bancario, con meno attenzione ai bisogni specifici del territorio. La paura è che la Bps perda quella capacità di essere una banca delle persone, vicina agli artigiani, agli agricoltori, alle piccole imprese locali, per diventare un semplice ingranaggio in un meccanismo finanziario più grande e impersonale.

«È il momento di esserci, di restituire ciò che ci è stato dato», conclude Ardenghi. L’appello è chiaro: la difesa della Banca Popolare di Sondrio non è solo una battaglia finanziaria, ma una scelta di visione per il futuro del territorio.

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