Cronaca / Sondrio e cintura
Giovedì 12 Luglio 2018
Arresti e sequestri all’alba
Diciannove perquisizioni
Inchiesta Secam: viavai di agenti ieri mattina negli uffici della Secam in via Vanoni. Prelevati computer, hard disk, cellulari, chiavette Usb e documenti.
Le misure di custodia cautelare degli arresti domiciliari per nove indagati sono state eseguite martedì mattina all’alba e la polizia ha fatto complessivamente 19 perquisizioni tra abitazioni, aziende e uffici Secam. Il viavai di agenti nella sede di via Vanoni a Sondrio non è certo passato inosservato e, ancor prima che le forze dell’ordine divulgassero la notizia degli arresti, in città (e non solo) ieri non si parlava d’altro.
Negli uffici della Secam sono stati sequestrati computer, hard disk, chiavette usb, cellulari in uso ai tre dipendenti arrestati. Materiale che si va ad aggiungere ai documenti finiti nelle mani degli inquirenti un anno e mezzo fa, nel corso di un’altra perquisizione. Il tutto verrà ora analizzato attentamente, in cerca di conferme e nuovi elementi utili all’inchiesta. «Il gigante partorirà un topolino» commenta gettando acqua sul fuoco l’avvocato Giuseppe Romualdi, difensore di Daniele Bormolini e Diego Samaden. «Ricordate il caso Spellecchia? Ecco, questo sarà un altro caso Spellecchia», aggiunge riferendosi alla recente assoluzione in primo grado del ginecologo dell’ospedale di Chiavenna finito alla sbarra per violenza sessuale.
Ai suoi assistiti la Procura contesta episodi di turbativa d’asta e gara per affidamento di servizi, corruzione e peculato. Numerose e circostanziate le accuse. «Tutto da dimostrare - sottolinea però il legale - e soprattutto non si pensi che stiamo parlando di chissà quali cifre». In particolare il peculato si riferirebbe a una cena e un pranzo per un importo complessivo di 120 euro che i due dipendenti Secam avrebbero fatto fatturare a carico della società, quando in realtà erano stati pranzo e cena nei quali si sarebbero incontrati con amici imprenditori privati per concordare le modalità per turbare alcune gare. «I fatti contestati in parte sono stati traviati e in parte non costituiscono reato», sottolinea a sua volta l’avvocato Enrico Muffatti, difensore di Amerigo Piasini. Per Piasini (così come per Bormolini) il sostituto procuratore Stefano Latorre aveva chiesto la carcerazione, ma il gip ha stabilito la misura degli arresti domiciliari, ritenendo sussistente il pericolo di recidiva, ma non quello di fuga. Le prove raccolte per sostenere le accuse sono costituite da documenti e intercettazioni telefoniche e ambientali e non è stato ravvisato pericolo di inquinamento probatorio. Gli arresti domiciliari sono apparsi quindi sufficienti a contenere il pericolo di recidiva specifica.
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