Cronaca / Morbegno e bassa valle
Lunedì 04 Dicembre 2017
Svetlana, i tanti “perché” senza risposta
Il ritorno in ditta, il rischio di farsi vedere, l’uso dell’auto aziendale: i punti ancora da chiarire. Militari, tecnici e volontari sono intanto in attesa delle decisioni che verranno prese nelle prossime ore.
Ricerche sospese sino a nuovo ordine. Sino al prossimo summit che dovrebbe tenersi nelle prossime ore, nei prossimi giorni. Sino ad allora militari, tecnici e volontari restano in stand by, perchè è inutile muoversi alla cieca: trovare il corpo di Svetlana Balica - la donna moldava di 44 anni, uccisa dal marito Nicola Pontiggia (55), che poi si è tolto la vita - è come trovare un ago in un pagliaio.
Il presupposto dal quale bisogna partire è che il meccanico di Cosio Valtellino ha inscenato un incidente sul lavoro proprio perché voleva allontanare da sè i sospetti che sarebbero sorti sulla scomparsa della donna.
Si è assicurato di chiamare la moglie al telefono, quando già l’aveva uccisa, per lasciare traccia sui tabulati e per poter dire ai parenti “vedete, le ho telefonato ma non mi ha risposto”. Si è affrettato a dire alla ex moglie che Balica se ne era andata e che “non sarebbe mai più tornata”. E ha pianificato con cura tempi e modi per sbarazzarsi del corpo della consorte. E se non fosse stato per quel “taglio” di luce penetrato nell’oscurità del piazzale da un portone socchiuso dell’azienda, forse oggi non sarebbe Pontiggia ad essere sospettato di omicidio, ma qualcun altro. Certo, i parenti più stretti qualche sospetto lo hanno avuto da subito. Perché mai Nicola non si è precipitato nell’agenzia di viaggi dove solitamente la coppia acquistava i biglietti per le trasferte in Moldavia? E perché quel 2 di novembre ha detto alle figlie che non voleva essere disturbato al telefono proprio nelle ore in cui è avvenuto il mortale incidente?
Ma torniamo alle ricerche e a quel corpo che non si trova. Perché è tornato in ditta quel giovedì? Era già lì (dal giorno prima) il cadavere della moglie, che secondo gli inquirenti sarebbe stata uccisa la sera del 31 ottobre? Perché rischiare di farsi vedere dal titolare che è spesso in azienda? E perché usare l’auto della ditta per trasportare il cadavere? Per non dare nell’occhio? Per non incorrere in controlli? Eppure in quei giorni quasi tutte le ditte erano chiuse per il ponte di Ognissanti. Forse non le imprese che lavorano nei cantieri della statale 38, però. E lì sarebbe potuto entrare senza dare troppo nell’occhio con la Fiat Punto bianca con la scritta “Castelli” sulla fiancata.
Che sia questa una chiave di lettura? In molti lo hanno pensato quando sabato si è diffusa la notizia del rinvenimento di un cadavere in una betoniera all’interno di una delle gallerie della nuova statale e invece era solo un’esercitazione dei vigili del fuoco.
Altra ipotesi: in azienda Nicola ci è passato per prendere qualcosa che riteneva indispensabile per rendere perfetto il suo folle piano. Qualcosa che avrebbe potuto prendere senza che i colleghi ne notassero la mancanza, qualcosa che deve essergli servito per far sparire il corpo della moglie che magari ha gettato in acqua, forse non nell’Adda, ma nel lago di Como.
I tempi non tornano? E chi lo dice? È vero, c’è una “finestra” di soli 13 minuti al mattino, prima che Nicola fosse chiamato dal suo titolare per accompagnare la signora Castelli a Colico, ma ci sono anche 49 minuti di vuoto quando è rientrato da quella commissione. E poi ha avuto tutto il primo di novembre per pianificare l’occultamento e la messinscena del finto incidente. No, decisamente non sarà cosa facile trovare quel corpo e, a questo punto delle ricerche, sono in molti a pensarlo.
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