Cronaca / Morbegno e bassa valle
Venerdì 08 Febbraio 2019
«Non voltiamoci dall’altra parte»
I ragazzi del Saraceno Romegialli hanno incontrato un imprenditore che ha denunciato gli estorsori. Gli hanno bruciato i negozi e vive sotto scorta. «Ma quando li hanno condannati li ho sentiti piangere in aula»
Scampia, Secondigliano, visti non con il filtro epicizzante dei serial tv ma attraverso le parole e il racconto di un uomo, un imprenditore, accusatore e testimone di giustizia che è sotto scorta, che ha visto la sua attività, sgretolarsi nel corso degli anni tra minacce, canne di pistola puntate alla bocca, negozi bruciati, minacce di morte, estorsioni.
L’assemblea plenaria dell’Istituto morbegnese Saraceno Romegialli ha aggiunto nuove importanti informazioni alla cultura della legalità e di lotta alla criminalità che da anni si va affermando in ambito scolastico. Veniva al polo fieristico ospite della scuola e degli animatori studenteschi di Scuolazoo, community online di 3,5 milioni di studenti, partner organizzativo dell’incontro, Luigi Leonardi
Ha 44 anni, napoletano, a causa del racket degli estorsori e del pizzo ha perso le sue due fabbriche di impianti di illuminazione e i relativi punti vendita. Ha presentato nell’arco di 12 anni, 18 denunce, che hanno portato a due processi, conclusi con condanne per 63 persone, ora vive tra le difficoltà di chi è inserito nei programmi di protezione, «Sotto scorta – ha precisato ai ragazzi – non si vive, si sopravvive».
«La mafia – ha continuato Leonadi – fa leva sulle nostre paure. Noi riferendosi ai tanti che pagano gli estorsori, quando vengono nei negozi, nelle imprese a chiedere il pizzo, a taglieggiarti, non siamo omertosi, siamo reticenti, non siamo sicuri di essere difesi dallo Stato, in zone e terre nelle quali l’illegalità è vista da tanti come legge. La reticenza, la non convinzione, nascono dalla paura e la paura non è omertà. Io ho scelto di non piegarmi. Hanno minacciato di morte i miei due fratelli, mi hanno bruciato i negozi, picchiato decine di volte. Mi hanno insultato nell’aula bunker dove venivano processati dopo le mie accuse, loro erano alle mie spalle. Quando sono stati condannati, chi a 18, chi a 20 anni di carcere, li ho sentiti piangere».
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