Morbegno. «Presa a frustate e minacciata di morte con coltello alla gola»

Condannato a oltre 3 anni marito violento asiatico. Lei valtellinese oltre un anno con bimba via da Valtellina per proteggerla

«È stata scritta un’altra preziosa pagina di giustizia in cui la vittima di violenza ha viste riconosciute le proprie ragioni. Certamente una sentenza non lenirà tutte le sofferenze che la donna ha subito, non consentirà di superare il ricordo delle paure vissute a lungo che ha dovuto affrontare fra le pareti domestiche, non restituirà alla ragazza ed alla figlia minorenne quell’anno di vita lontano dagli affetti più cari dei genitori perché relegate in una località segreta, lontana dalla Valtellina, per essere protette. Ma questa sentenza dona, se non altro, un poco di sollievo, perché rappresenta la vittoria della verità su tutti i tentativi dell’uomo di negare l’evidenza, violando, in questo modo, una volta di più la moglie».

Questo il commento dell’avvocato Gianmaria Moiola, con studio a Cosio Valtellino, alla sentenza di condanna a tre anni e un mese di reclusione pronunciata nel Tribunale del capoluogo valtellinese a carico di un uomo di 35 anni, originario di uno Stato asiatico, del quale non riveliamo l’identità per non rendere possibile l’identificazione della vittima residente in una località del mandamento di Morbegno.

Due i capi di imputazione contestati, al termine delle indagini della Squadra Mobile della questura di Sondrio: maltrattamenti in famiglia, manifestatisi in più occasioni nel periodo tra il 2015 ed il giugno 2022 e lesioni personali legate ad uno specifico episodio di giugno 2021, quando lo straniero sorprese la consorte alle spalle, tappandole la bocca con le mani, poi immobilizzandola con entrambe le braccia e colpendola con ripetute spallate per tenerla ferma, così da cagionarle lesioni consistite in «dolore al braccio sinistro e al collo, al torace e contrattatura di difesa al trapezio omolaterale». La prognosi iniziale fu di sette giorni.

La richiesta del pubblico ministero (la dottoressa Chiara Costagliola sostituita in udienza, nella parte conclusiva, dalla vice procuratrice onoraria Caterina Busellu) è stata di 3 anni e 6 mesi.

La sentenza, emessa dal giudice Valentina Rattazzo, ha ridotto di alcuni mesi la richiesta del pm e l’imputato è stato condannato a 3 anni e 1 mese di reclusione, all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e ad un risarcimento di 10mila euro, oltre al pagamento delle spese legali.

Le indagini sono state condotte dagli investigatori della questura di Sondrio a seguito di denuncia-querela e successive integrazioni da parte della donna.

Durante le udienze sono stati sentiti la persona offesa, i di lei genitori e parenti e la psicologa al tempo in forza ai Servizi sociali (Ufficio di Piano) di Morbegno, la dottoressa Alessandra Gadola, e un investigatore della Polizia, Vito Luca D’Archi, che ha principalmente lavorato sulle 783 telefonate a mezzo whattsapp.

Le udienze sono state 6 (oltre all’udienza preliminare che ha disposto il rinvio a giudizio). Ma per l’immigrato, difeso dall’avvocato Francesco Traversi di Sondrio, che nel frattempo si è trasferito in Emilia Romagna, i guai con la giustizia potrebbero non essere finiti qui. Nel corso di una delle ultime udienze, infatti, ha affermato che la bimba della coppia veniva picchiata dalla nonna materna, sostenendo inoltre che lui non ha mai fatto del male alla moglie valtellinese. A breve potrebbe esserci una nuova denuncia per calunnia.

Dalle carte dell’inchiesta è emerso che l’imputato, accecato dalla gelosia, in un’occasione perché la vittima aveva salutato per strada un conoscente di nazionalità egiziana, una volta rincasati l’aveva presa a frustate, poi colpendola ripetutamente alle gambe con il filo del caricatore del pc portatile (episodio del febbraio 2015). In un’altra circostanza, sempre lo stesso mese, la consorte veniva aggredita, scaraventata sul pavimento, presa per il collo, intimandole «di non azzardarsi mai più a salutare alcun uomo». Nel luglio dello stesso anno arrivò addirittura a impugnare un grosso coltello da cucina, puntandoglielo alla gola, accusandola di averlo tradito con un carabiniere della caserma di Morbegno. Una vita che era diventata un inferno.

«In un caso - ha raccontato la donna di diversi anni più vecchia del marito - mi colpì con un pugno al ventre e altri all’altezza dell’inguine e delle parti intime, tirandomi poi con forza i capelli». E l’ennesima minaccia: «Se mi lasci ti porto via la bambina, la porto nel mio Paese d’origine per farla crescere con la legge islamica». Una volta allontanato da casa il marito violento ha continuato: «Se so che fai con qualcun altro quello che facevi con me, faccio una strage. Pagare un italiano per farti del male è facile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA